Poeti contemporanei viventi

Lipogrammi di Fabio Strinati | L’Altrove

Fabio Strinati è un artista eclettico, poeta, scrittore e pianista sempre alla ricerca di nuovi modi per esprimere la sua arte. Marchigiano di nascita, si avvicina alla musica da bambino per poi iniziare il suo percorso da poeta.

I suoi versi non possono non colpirci, hanno ritmo e musicalità, le parole vengono poste in un modo unico all’interno della composizione.

E da questo modo di essere, di scrivere e tessere il verso è nata la particolare esigenza di scrivere lipogrammi.

Il lipogramma (dal greco lèipo = lascio; e gramma = lettera) è costituito da un testo in cui non può essere usata una determinata lettera.

Potrebbe risultare a molti che si tratti di una forzatura, di non lasciare alle parole la volontà di fluire liberamente e senza limiti, ma non è così. Al contrario, il lipogramma, stimola la mente dello scrittore il quale dovrà cercare altri termini privi della lettera che ha deciso di non usare. Un esercizio, una sfida avvincente.

Di seguito, dunque, alcune liriche di Fabio Strinati che mancano della lettera “n”.

Aridità…

Ala piroetta al ciclo
tocco l’occhio tèrgo dilatato acùme
scalpita attimo folata
o tempo già essiccato
briciola di foglia avvizzita,
alzata, desolato
spirto ausculta
otturato timbro tramezzo oltre
o melodia
palpebra sazia
ampia o fusa, vita retropalco
limite impreciso
affé l’adagio diaspora
di bolle.


Esigue ciglia viso al cielo deterso
gocce o lacrime diluvia umore
guaire umidità che sale,
vegeta criterio astratto fruga
il dubbio qualora polso
retràttile si mischia,
raddoppia amplia
foga sul corpo
smuove tracollo retrotèrra
ora vuoto d’asma
e di sudore.


Mistica attesa sul dorso
calura scatta o l’alto
magro albero l’ozio retrògrado,
muro sgretolato, l’arrivo legame
all’impeto furore
sul ciglio strada polvere salata
e sgobba: è vuoto
assale è secco umilia boiler
taglia radici sotto pareti
sulla terra arsa il gemito.


Ruscello trasuda fiacco
bordo quel tremore
arso céppo assomiglia
capovolto scoglio
alla deriva foschia avvolta
ruota ubbìa,
arido scurito vuoto piatto
al pozzo rimbomba udito,
silfo diluito quel boato
asciutto sulla soglia morto
la sica sulla terra
il rézzo.

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