Giovani Poeti

Giovani poeti: Laura Boscardin | L’Altrove

C’è una nuova autrice che si aggiunge ai nostri giovani poeti. Stiamo parlando di Laura Boscardin, di Bassano del Grappa.

Laura è nata nel 1995 ed è laureata in lingue all’università Caʼ Foscari di Venezia; dopo la laurea ha seguito un master in editoria all’università Autonoma di Barcellona e ha lavorato come agente letterario. Sta ultimando la sua prima raccolta di poesie.

Abbiamo avuto il piacere di farle qualche domanda per conoscere meglio lei e la sua poesia.

Prima domanda, la solita che facciamo un po’ a tutti i giovani autori. Quando hai iniziato a scrivere in versi?

Ho iniziato verso i vent’anni e ricordo il momento esatto: studiavo all’estero e per le vacanze di Natale, ero tornata a casa dei miei genitori. Una notte, prima di addormentarmi, ho sento una forte agitazione e un senso di abbandono. Come fosse una necessità vitale, un impulso, ho cominciato a scrivere dei versi semplici per esprimere quello che mi stava succedendo. Da quel momento, non ho più smesso.

“Si fa poesia non pensandoci. Perché occorre farla.” disse Ungaretti. Perché si fa poesia secondo te?

Credo che questi versi della poeta Alejandra Pizarnik possano, in parte, rispondere alla domanda: “Escribes poemas porque necesitas un lugar en donde sea lo que no es.” Scrivi poesie perché hai bisogno di un posto dove ciò che non è possa essere. (Online si trova la traduzione qui di seguito, ma credo che tradurre la seconda parte alla terza persona sia più corretto) Scrivi poesie perché hai bisogno di un posto dove essere quello che non sei.

Quale processo porta a scrivere?

Ciò che mi porta a scrivere sono le situazioni destabilizzanti, il trauma, la caduta in senso metaforico o una forte emozione. Per farlo, attingo sempre dalla memoria, dai ricordi. È un processo amaro perché smuove dentro a cui serve tanto silenzio, ma è una ricerca utile per (ri)conoscer(si). Mi piace una frase di Joan Didion sull’atto della scrittura: “Il punto è sempre ricordare cosa significhi essere me”. Nell’ulmo periodo, indago l’esperienza e la reazione del corpo fisico nel ricordo traumatico.

C’è o ci sono poeti che per te dovrebbero essere riscoperti?

Assolutamente. Lalla Romano, Angela Veronese, Piera Oppezzo, scoperta da poco grazie a un’amica e pubblicata da Interno Poesia; Else Lasker-Schüler; dal Sudamerica due poetesse uruguaiane Idea Vilariño, pubblicata recentemente da Bompiani, una non ancora pubblicata in Italia, Circe Maia e infine dal Perù, Blanca Varela. La lista potrebbe andare avanti all’infinito.

Di seguito le sue poesie

Stendere il bucato a luna piena
quando le lenzuola sono rettangoli impiccati
come parole appese in gola:
pronuncio frasi che marciscono
insieme ai pini tagliati sette giorni prima
ora pieni di vermi alle radici.


Attraverso il vetro dell’iride
intravedi un faggio malato
mentre cammini controvento
intorno alla casa
di un blu sgretolato:
il respiro affannoso
i denti serrati duri
sono pietre di calcio
pesanti quanto due occhi
sul bordo di un lacrimare.
Le radici nero pece tessono
il terreno in una treccia torbida
filamenti e capelli tra le dita
come in quella notte di luglio
prima che te ne andassi.


La luce tiepida di un raggio di sole
sbatte sulla finestra verde pastello
trema nel vetro sporco ha paura
di entrare in casa quando la mattina
i nervi formicolano come cicale
in un corpo senza pelle
uno a uno pizzicati
in preda all’imminente
sbriciolarsi della mente.

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