Estratti ed Inediti

Estratto da “I giorni furiosi” di Stefano Tarquini | L’Altrove

Apnea

A succhiare la vita dalle ossa insegnami,
con gli occhi di un uomo di spighe guardami.
Abbracciami/ seguimi.

Sfiorami appena/cieca derisione di apnea.

Nascosto il futuro disarma,
sentieri di voce spalanca.
Divorami oh Sfinge sbilenca!

Distante deflagra un detrito,
destina il midollo di sotto,
risacca disparo il tempo,
la Bora asseconda il Timavo.

Nasconde un segreto il tuo cuore.


Costole

Apri gli occhi e poggia il tuo nome dove puoi ritrovarlo.
Un’ombra allo specchio ti coprirà le spalle.

Ti avvolgerà di vento/ ti strapperà le costole.
Guardo attraverso te che guardi attraverso me,
giochi che inventavamo/ riflessi,
e canzoni che stonavamo per lontanissimi eco.

Una strada cariata cadere, in vertebrate,
modeste preghiere.


Deglutire

Sono forse io, avvolto dentro parole di sonno
e segrete/ che ti fanno accelerare, sbandare
alle cornici del mondo, catene spezzate
sarete/ uno tsunami che inghiotte pendici e porci/
surfista del pensiero se il mare è calmo
goffi graffi, ma non sapete starci/ altrove
dove a mordermi meduse che non bruciano se piove/
dove tutto finalmente ha senso/ e muore.


Vatte a fida’ de li poeti!

Dietro a na nuvola nera ce vedono li gironi dell’inferno
Demoni dai denti affilati che se magnano tra loro
Sputando giù pe tera come ossa de prosciutti
Ma so gambe fine fine e braccia storte de cristiani

Er coro der Signore je sona a nona de Betovenn
cannibali de Hannover apparecchiati pe la festa.

Vatte a fida’ de li poeti!
Mentre camminano parleno da soli, s’aripetono e rime.
Sbattono distratti all’altra gente estereffata
delle rose de brughiera je piaciono e spine.

Vatte a fida’ de li poeti!
Con sorso de romanella je sbrilluccicano l’occhi
Fanno i finti ‘nnamorati, i finti storpi.
De fantasie t’ariempiono l’orecchi
Non so belli/ non so sempre profumati,
e nemmanco amareggiati.

Maledetti antipatici autoironici
Sempre a capo de quarcosa
Sempre ar centro de na stanza
Sempre tristi allegri ipnotici.

Se gonfiano er petto coi paroloni
Colla libertà e l’amore ce riempiono o stomaco e li scatoloni.
Usano er futuro perché lo ponno solo immagina’,
so disegnano a misura.
Se guardano pe ore n’ foglio bianco
Che poi diventa nero de parole
Sarà er caso/ sarà a sorte
ogni rigo na speranza nova,
dietro ogni spazietto c’è la Morte.
La mijore amica loro,
che la ‘nvocano a inizio settimana
e dopo un giorno se a scordano,
la vonno sempre più lontana…

Vatte a fida’ de li poeti!
Pori cristi condannati/ sciagurati e derelitti,
un po’ sfigati/ un po’ reietti
quattro fessi poveretti!


Testacoda

E salendo gli scalini ad uno ad uno
per confondere le lacrime alla vodka/tu,
avvolta nei tuoi sogni parabrezza,
inventi nuove parole deltaplano
per guardare di sfuggita il tuo riflesso,
barattando il tuo compenso col reale.

L’AUTORE

Stefano Tarquini (Roma, 1978) si avvicina fin da subito alla poesia, in particolare alla beat generation. In seguito conosce Maurizio Cucchi, che pubblica alcune sue poesie su “Specchio” di Repubblica. È presente in diversi blog di settore e riviste. Partecipa attivamente a manifestazioni poetiche, concorsi, laboratori di scrittura creativa. Comincia a lavorare nel 1998. Mette su famiglia. Fa una figlia. Smette momentaneamente di scrivere per dedicarsi ad un’altra sua grande passione: la musica. Fa 5 dischi con un gruppo crossover romano, i Palkosceniko al Neon, con cui colleziona più di 300 live in giro per l’Italia e l’Europa. Collabora con svariati gruppi della provincia romana. Organizza cinque edizioni di un festival di musica indipendente, il “Pecora Nera Festival”. Negli ultimi anni ha ricominciato a scrivere. Lo potete leggere su: “Intermezzo Rivista”, “Di sesta e di settima grandezza”, “Poetry Factory”, “Scemo Magazine”, “Leggere Poesia”, “L’Ottavo”, “Poesia Ultracontemporanea”, “La rosa in più”, “Poeti dal parco” e “Cartoline Volanti”.

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