Estratti ed Inediti

Estratto da “Piccolo taccuino occasionale” di Davide Zizza | L’Altrove

Un piccolo taccuino, fatto di appunti, transitorietà, traslochi mentali temporanei, frasi-fili sottilissimi, e ancora della meta-poetica, la mia ossessione, risorse occasionali di un sillabario. Non trovi una direzione. È quello che hai davanti: l’odore di certe giornate, sfumature colte d’improvviso, il dubbio di una lotta silenziosa che non finisce. Un po’ come scrisse Raboni «Mai davvero felice e mai del tutto infelice», e lo sguardo si fa già riflessione, gesto, senza andare troppo lontano, ma senza stare troppo nel cortile. Scarti da cui fuggono intermittenze, trofismi con lento assorbimento. Scambi. Disseminazioni del tempo in cui, nei pass fuggitivi dell’attimo,«anche fra i mortali il sublime ha da farsi avvertire». Qualcosa che s’insinua nei piccoli ritmi dei giorni. Come uno che si sveglia di notte, e su questa isola fa scivolare tutto quello che può dar valore a un’inquietudine fatta di specchi. Un monologo breve, se salutare o no non so dirlo, parole come una rete a maglia, raccolta subito dopo aver issato, come in barca i pesci, i suoi significati.

Non sappiamo; ignari camminiamo.
Qualche lampo in lontananza
davanti a noi, i nostri occhi impressionati
come dal flash di uno scatto: continuiamo
a volte come se la mente avesse capito,
a volte come se fosse stato un abbaglio
della notte
o un sogno.


Katchar

Ho conficcato una pietra nella memoria,
una pietra votiva che resti,
ex-voto alimentato da trasandata tristezza –
silenzio dei giorni. Attendo che il letargo
mi colga su questa pietra
per farmi della stessa sostanza del vento.


a V. Zeichen

Alle cinque si alzava il poeta,

em>passeggiava nelle albe di Roma,
faceva colazione molto presto –
scommetteva sulla sua povertà
davanti un caffè nel freddo del mondo.
Di sera era vestito del suo appellativo,
il giorno dopo della sua solitudine
fra quattro mura umide e sconsolate.


Ricomporre

Ricomporre – hai scritto –
è della poesia (se sa
rimettere i cocci insieme).
Vede oltre le ombre dei nostri occhi
come la chiarità di un pomeriggio
in un cortile, rampicanti da muro e vie deserte,
l’aria gonfia della sera che verrà.
Ci tormentiamo ignorando il motivo
perché è dell’uomo fare senza capire –

poi un qualcosa ci ferma, la brama si placa,
ricongiunge pezzo per pezzo ogni cosa
e il velo davanti agli occhi cade:

ricomporre, hai scritto, è della poesia.



La mano si apre.
Il passo del sangue rallenta.

Nel petto riesci a contenere un cielo.
O il cielo.
Si torna così come si esce
dalla cecità dolorosa e cosciente della notte.

«La luce entra lentamente» mi dici.

L’AUTORE

Davide Zizza nasce a Crotone nel 1976. È dottore in lingue e letterature straniere con una tesi in filologia romanza ed è uno dei redattori del Litblog Poetarum Silva dove tiene la rubrica Bustine di zucchero. Nel 2000 diffonde la sua plaquette stampata privatamente, Mediterraneo. Nel 2012 per l’editore Rupe Mutevole pubblica la raccolta Dipinti & Introspettive e nel 2016 la raccolta di poesie Ruah (Edizioni Ensemble). Il suo breve saggio La lettura e la scrittura come etiche dell’ascolto è inserito nel volume collettaneo Ascolto per scrivere (Fara Editore, 2014). Alcuni suoi contributi critici su Salvatore Quasimodo, Jules Laforgue e Robert Lowell sono apparsi in Grecia sulla Rivista di Poesia e Letteratura Koukoutsi. Suoi articoli e poesie sono presenti in rete su vari blog e riviste. La sua ultima raccolta pubblicata è Piccolo taccuino occasionale (Edizioni Ensemble, 2020).

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