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Recensione: “Sirene” di Ivonne Mussoni | L’Altrove

In Sirene (Giulio Perrone Editore, 2021) la poesia di Ivonne Mussoni ristabilisce nel mondo la voce antica e mitica delle creature mitologiche.

Sta nei tre cerchi tracciati sull’acqua l’invocazione primaria e primordiale, ad un dolore interno, abissale. L’acqua viene agitata una volta e poi un’altra e un’altra ancora. La stessa acqua scura che distrugge, ma dalla quale è possibile riemergere.
Per espiare colpe originarie, arcaiche la poetessa si fa sirena, giunge nel fondale dove non c’è tempesta ed è in questo luogo fatto di mistero e di paura che scuote, che mostra come inabbisarsi sia semplice, quando si desidera soltanto volare e sfuggire.

Ecco che la poesia di Ivonne si fa racconto di perdite, la metà umana e la metà sirena dell’essere ci si staglia davanti.

Eravamo quasi donne
nel poco che mancava
lucertole, uccelli, meduse,
tempeste,
orsi e serpenti

Da quel “quasi” il risultato del dolore, del peso. Dal lì l’inizio dell’arresa alla sofferenza e al l’esclamazione scandita e forte del perdono.
Colpa ed espiazione, tema principale in questa prima sezione della raccolta. Sì ricorda qui il mito ovidiano del Ratto di Proserpina, la colpa è la punizione afflitta alle sirene. Dalla colpa la perdita, il disfacimento: le ali diventano solo piume inadatte al volo. E poi l’espiazione:

Fredda, come ogni cosa pescata dal mare
mi lasciai scivolare sul fondo,
ma in quel buio c’è un istinto di respiro
che spinge in superficie le balene.

lasciarsi andare, lasciare le piume per prendere le branchie, risalire come nuova forma adatta all’oscurità del fondale. Quel che resta invariato e feroce è sempre il canto che incanta e ammalia:

canto di sangue che scorre fra argini stretti.
È già perso chi si scopre
nella voce che mi nasce.

I cerchi, adesso, si fanno Sott’acqua. La nuova sezione si apre con alcuni versi di Amelia Rosselli, quasi un inno profetico.
Sott’acqua si fa più vivo il potere della corrente, il moto dell’amore, la sua forza incontenibile e attrattiva, ma anch’esso si dissolve e svanisce per la paura della sirena che sempre si immagina non intera, e allo stesso tempo di non poter essere amata, per l’abitudine alla solitudine, per questo essere in perenne metà.
Qui la poesia di Ivonne Mussoni affronta il tema amoroso. L’amore appeso al ricordo:

È una casa vuota la conchiglia,
una casa che una volta fu abitata
è solo voce ciò che la attraversa,
è solo un fiato
il luogo in cui sospesi resteremo.

Sentimento che viene ora guardato, analizzato, in maniera più profonda e viscerale. Quella voce poetica che prima era sacrificio nel dolore, nel tradire la propria natura e nel farsi umana per amore, ora si esprime con una limpidezza nuova, lo sguardo va verso quell’amore a cui aveva così tanto creduto, che aveva tanto illuso.
Sabbia, fondale, oceano, luce, animale, pioggia: sensi contrari, antitesi ripetute ossessivamente nel silenzio, quasi una tormentosa preghiera che avvolge poetessa e lettore.

la voce si perde per sempre

dice e poi ancora

Neanche allora mi hai sentito.

E tra i versi intensi affiora continuamente la natura mitica della sirena, il suo essere creata nella colpa e per la solitudine.

Non si cambia l’abitudine di un’ombra

e successivamente

Eri ancora altra specie da me
e la mia solitudine era molto più antica

In Sulla terra, ultima sezione del libro, la voce della sirena si fa grido.
Non c’è più il desiderio/bisogno di nascondersi, di farsi altro, di accettare la nuova vita per accontentare l’uomo amato. Se dapprima mancava la voce per dire un addio, adesso questa riecheggia, con forza, in ogni luogo, come una maledizione:

e ora te le senti ripetere nei fiumi
fra i capelli lunghi delle donne
è la sola corrente che percorri
per te io l’ho scambiata
per sempre farà porto sul tuo petto
questo canto disgraziato.

Si salda un nuovo sentimento, duro e crudele, si torna in mare, come in un rituale.

dalla conta inesauribile dei mostri,
di quelli che ora conto su due mani.
Eravate voi, non io
a fare più paura.

L’AUTRICE

Ivonne Mussoni è nata a rimini nel 1994, si è laureata in italianistica e culture letterarie europee presso l’università di bologna. Nel 2013 ha pubblicato con A un quarto d’ora d’universo (Heket la plaquette) e nel 2017 la silloge poetica La corrente delle cose ultime (Giulio Perrone Editore). Sue poesie sono presenti nell’antologia Centrale di Transito (Giulio Perrone Editore, 2016) e in Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta (Giuliano Ladolfi Editore, 2019). Dal 2016 al 2019 è stata assistente alla direzione artistica del festival Parco Poesia

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