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Recensione: "Tutte le luci accese" di Michele De Virgilio | L'Altrove

Tutte le luci accese (Ladolfi, 2018) è un’immersione nelle cose del mondo ed una pura interiorizzazione delle stesse. Nella prima sezione della raccolta, Poesie low cost, il poeta attinge al vasto repertorio del reale. La poesia è densa, penetra nella realtà, ne cattura l’essenza e la rende attraverso vividi tocchi di colore. È così che l’autore accende ‘’tutte le luci’’, ci svela i significati, ci guida alla scoperta di luoghi che sembrano pulsare, vivi, sotto i nostri occhi. Fa da accompagnamento, a tratti, una nota di malinconia che si insinua – lieve – tra i versi.
Tutte le luci accese di Michele De Virgilio
I PETARDI
Sono farfalle le mie mani
e autentici scorci
di paesaggi fittissimi
di particolari, i miei occhi
quando mi perdo nelle immagini,
che stanno in me (e lì rimangono)
come prove irrevocabili
di una vita vera,
come delle indagini di luce
e attraversano il buio
e si fanno materia
per farsi leggenda
ritratto di storia.
Nella seconda sezione, Cronache dai giardini insondabili, Michele De Virgilio – classe 1988, laureato in tecniche della riabilitazione psichiatrica – traccia con spiccata sensibilità il repertorio di una realtà sociale che diventa mondo interiore, tappe dell’esistenza cristallizzate in attimi; la poesia si fa analisi, flusso di coscienza, racconto in versi di profondissimi abissi:
Fa freddo qui. Qualcuno è lì, ma è molto lontano.
Tutti fremono di gioia:
domani giungeranno in comunità
i simpaticissimi figli di Sonia.
Lei è affetta da sindrome affettiva bipolare
e ritardo mentale lieve. L’ospite in oggetto
– è scritto nella relazione – ha un vissuto
esperienziale abbastanza rilevante.
E mi basta leggere questo per rilevare
almeno con l’immaginazione
il mare di deserto che si porta nel cuore.
[…]
Nelle poesie di De Virgilio si sente tutto: suoni, odori, colori, meraviglia ed un sapore – a tratti acre – di vita, che emerge spiccatamente in alcuni versi tratti dalla terza sezione, L’urgente e l’importante, dove il lettore può cogliere la molteplicità nell’istante: A volte (non sempre)/nei caffè ordinati cinque minuti prima di attaccare/al lavoro/ho visto tutte le donne che ho amato/i libri che ho letto/le cose che ho odiato/persino i viaggi che ho fatto./Mentre li bevevo/era come se mi bevessi la vita.
Questa molteplicità stempera anche il motivo del sentimento amoroso, che propone al lettore spaccati di riflessione diluiti nella quotidianità:
Sei in macchina.
Aspetti che lei esca da quel fottuto portone.
E nel mentre che attendi, t’immagini chissà quali
progetti,
colazioni, animali in casa, viaggi insieme.
Se ti capita
è perché c’è sempre un che di biblico
nell’attesa.
C’è qualcosa di biblico nell’attesa, il tempo che scorre trattiene tutto: il detto e il non detto, il fatto e il non fatto e l’attesa di un futuro che è già attuale, dipinto all’interno:
E non sai
e sei troppo giovane
e non puoi capire
che tutto quello
che desideri ce l’hai già.
[…]
Concludiamo con l’ultima poesia della raccolta, tratta dalla sezione Poesie dello scontento, che racchiude il senso ultimo di questo viaggio tra le vie del mondo, interiore ed esteriore. Questa poesia è un’uscita dal labirinto, l’approdo ad una certezza misteriosa che si fa specchio dell’altrettanto misterioso errare.
CONSOLAZIONE
Questo mistero felice
per cui tutti
prima o poi
trovano la loro via.
A cura di Irene Belfiore

L’AUTORE
Michele De Virgilio
Michele De Virgilio nasce a Molfetta il 24 marzo del 1988, si laurea in Tecniche della riabilitazione psichiatrica all’università degli studi di Bari. Nel 2010 pubblica la silloge intitolata “Ho visto uomini cadere” e nel 2013 viene menzionato nel volume “A sud del sud dei santi”. Sempre nel 2013 si aggiudica il secondo posto del Premio Nazionale Natiolum.

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