Estratti ed Inediti

Anteprima editoriale: “La saggezza del condannato a morte e altre poesie” di Mahmud Darwish | L’Altrove

Uscirà il 10 novembre per la casa editrice Emuse la raccolta di poesie di Mahmud Darwish dal titolo La saggezza del condannato a morte e altre poesie.

Il volume è stato curato e tradotto dal poeta italo-siriano Tareq Aljabr, in collaborazione con Sana Darghmouni, docente di arabo all’Università di Bologna, e Emiliano Cribari, poeta italiano, in un percorso che ci ha visti lavorare a stretto contatto con la Fondazione Mahmoud Darwish di Ramallah.

“In questa raccolta, nata dall’attenzione dello scrittore accompagnata dalla visione del traduttore, abbiamo cercato di disegnare un volto italiano alla poesia di Mahmud Darwish e alla “sua propria lingua”. Orizzonte di riferimento sono stati i tre “personaggi” che emergono dalla sua produzione poetica: l’elegante erudito che esprime il suo amore virtuoso per la terra madre e per l’amata immaginaria, l’io frammentato e il cantore della patria. La miscellanea è composta da ventotto poesie, nove per ciascuno dei tre nuclei tematici: dell’amore, dell’io e della patria, precedute dal carme E noi amiamo la vita, selezionate con estrema cura all’interno dell’intera attività poetica di Darwish. Abbiamo voluto includere testi di ogni fase del suo vissuto poetico, da quando ha iniziato a scrivere lettere sulla libertà e sull’amore dalla sua terra in Palestina, fino alle domande esistenziali poste dal suo dialogo con l’esilio. La sequenza di questi temi e delle poesie al loro interno è un tentativo di ritrarre un volto italiano basato sulla musicalità lirica che ha accompagnato l’anima di Darwish investendone il linguaggio. Grazie anche alla sensibilità di Emiliano Cribari e alla passione, di cui entrambi soffriamo di trasformare i sentimenti in parole e grazie al prezioso contributo di Sana Darghmouni, abbiamo provato a riscrivere il messaggio poetico di Darwish preservandone la musicalità nel tentativo di restituire un frammento della sua anima.” Tareq Aljabr (curatore)

E noi amiamo la vita

E noi amiamo la vita
se troviamo la via per viverla.
Danziamo tra due martiri,
innalzando tra le viole
un minareto o delle palme.

Amiamo la vita
se troviamo la via per viverla.
Rubiamo un filo al baco da seta
per costruire il nostro cielo
e tessere l’esodo.
Apriamo la porta del giardino
affinché il gelsomino inondi le strade
come in una bella giornata.
Amiamo la vita
se troviamo la via per viverla.

Ovunque andiamo
seminiamo piante lussureggianti
e raccogliamo vittime.
Soffiamo nel flauto
il colore della lontana lontananza
e segniamo con un nitrito
la polvere del sentiero.
Rendiamo i nostri nomi indelebili
come pietre.
Fulmine, rendi la notte più chiara,
illuminala ancora un po’,
per noi che amiamo la vita
se troviamo la via per viverla.


Dalla sezione Dell’amore

Sono l’amante sfortunato

Il mio cuore si è ribellato contro di me.

Sono l’amante sfortunato,
un narciso per me e uno contro di me.

Sfilo sulla riva dell’amore.
Saluto brevemente.
Scrivo lettere a me stesso
sulle ali delle colombe.

Quante donne mi hanno lacerato
come un bambino lacera una nuvola,
ma io non ho sofferto né imparato.
Né ho protetto la stella dalle nuvole
dietro il recinto lontano.

Passo attraverso l’amore
come le nuvole passano attraverso gli alberi
e non ho tetto né pioggia,
come un’ombra attraversa una pietra
e mi ritiro da un corpo che non ho veduto.

Ho paura di ritornare a una qualsiasi
notte familiare.
Ho paura di quegli occhi
che possono varcare i miei confini
e scorgere il mio cuore scalzo.
Ho paura della mia confessione,
di dover tornare a ogni seno da cui ho bevuto,
così mi tuffo nel pozzo,
mi tuffo in me.

Sono l’amante sfortunato.
Ho detto molte semplici parole sul grano
quando le rondini si schiudono in noi.
E ho detto il vino del sonno
che gli occhi non hanno mai detto,
e ho donato il cuore agli uccelli
per farli posare e volare,
e ho detto parole per giocare.
Ho detto molte parole sull’amore,
non per amare
ma per proteggere la disperazione tra le mie mani.

E amore, tu che sei chiamato amore,
chi sei tu per tormentare quest’aria
e per far impazzire una donna nei suoi trent’anni
e per farmi custode del marmo
che sgorgava dai suoi piedi come cielo?
Qual è il tuo nome, amore,
cos’è questa cosa remota
che pende sotto le mie palpebre?
E qual è il nome del paese
che sorse sulle orme di una donna
come un paradiso gonfio di lacrime?
Chi sei tu, amore,
per farci obbedire ai tuoi voleri
o per farci bramare di essere tue vittime?
Ti adoro finché non ti vedo,
ultimo angelo posato sui miei palmi.

Sono l’amante sfortunato.
Dormi perché io possa seguire il tuo sogno.
Dormi perché il mio passato sfugga a ciò che temi.
Dormi perché io ti dimentichi.
Dormi perché io possa dimenticare il mio posto
sul primo grano nel primo campo della terra.
Dormi per sapere che ti amo più di quanto io ti ami.
Dormi perché io entri nella giungla dei peli
in un corpo fatto tutto di un tubare di colombe
e per sapere in fondo a quale sale sarei morto
e da quale nettare sarei risorto.
Dormi perché io conti i cieli e le forme delle piante
in te,
perché io conti le mie dita.
Dormi perché io apra il flusso della mia anima
sfuggita alla presa delle mie parole
e che si è posata piangendomi sulle tue ginocchia.

Amo, amo, ti amo.
Non posso tornare all’origine del mare,
né posso andare fino alla fine del mare.
Dimmi: quali sono i meandri della tua sensualità
verso cui mi spinge il mare?
Quante volte quei piccoli mostri
si risveglieranno nel tuo grido?
Portami sulla pietra cocente delle tue ginocchia
a cibarmi del cibo della pernice
e delle bacche di Saturno.
Amo, amo, ti amo.
Ma non voglio abbandonare il tuo fluire.
Abbandonami, lasciami,
come il mare lascia le sue conchiglie
sulla riva dell’eterna solitudine.
Sono l’amante sfortunato.
Non posso venire da te
e non posso tornare da me.

Il mio cuore si è ribellato contro di me.


Dalla sezione Dell’io

Gioioso per qualcosa

Gioioso per qualcosa di invisibile,
abbraccio il mattino con la forza del canto;
cammino fiducioso nei miei passi,
cammino fiducioso nella mia immaginazione.
Mi chiama una rivelazione, dice “Vieni!”
come se fosse un gesto magico,
un sogno disceso per addestrarmi ai suoi segreti,
così sarei il padrone della mia stella notturna
sostenuto dalla parola.
Io sono il mio stesso sogno.
Nei miei sogni sono la madre di mia madre,
il padre di mio padre
e sono anche mio figlio.
Gioioso per qualcosa di invisibile,
che mi innalza sopra i suoi strumenti a corda.
Mi raffina e mi affina come un diamante
di una principessa orientale.
Chi non ha cantato adesso, questa mattina,
non canterà.
Dacci, amore, la tua abbondanza
per combattere la guerra, onesta, dei sensibili,
perché il clima è favorevole
e il sole del mattino affila le nostre armi.
Amore!
Non abbiamo altro obiettivo
che essere sconfitti in queste guerre,
quindi trionfa,
trionfa e ascolta come ti osannano le tue vittime:
Trionfa! Benedette siano le tue mani!
E torna illeso da noi perdenti!

Gioioso per qualcosa di invisibile,
cammino sognando una poesia blu
di due versi soltanto,
due versi di una gioia leggera,
visibile e invisibile insieme.
Chi non ama adesso, questa mattina,
non amerà.


Dalla sezione Della Patria

Pensa agli altri

Mentre prepari la tua colazione,
pensa agli altri,
non dimenticare il cibo per i colombi.

Mentre combatti le tue guerre,
pensa agli altri,
non dimenticare chi è in cerca di pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua,
pensa agli altri,
anche a quelli che suggono le nuvole.

Quando ritorni a casa, casa tua,
pensa agli altri,
non dimenticare il popolo delle tende.

Mentre dormi e conti i pianeti,
pensa agli altri,
c’è chi non ha spazio neanche per sognare.

Mentre ti liberi con lo slancio delle metafore,
pensa agli altri,
a chi ha perso il diritto di parlare.

Mentre pensi a chi è lontano,
pensa a te stesso
e di’: magari fossi una candela nelle tenebre.

L’AUTORE

Mahmud Darwish (1941-2008) è nato a al-Birwa, nell’alta Galilea. Durante la costituzione dello stato di Israele nel 1948, il suo villaggio fu distrutto e la sua famiglia fuggì in Libano, rientrando in patria segretamente l’anno successivo. Da giovane, dovette affrontare gli arresti domiciliari e la
reclusione per il suo attivismo politico e per aver letto pubblicamente le sue poesie.
Per ventisei anni, fino al 1996, anno del suo rientro in Palestina, visse in esilio tra Mosca, il Cairo, il Libano, la Tunisia e Parigi. Considerato il poeta più eminente della Palestina, e uno dei più grandi poeti arabi contemporanei, Darwish ha pubblicato una trentina di raccolte di poesie e prose, tradotte in oltre venti lingue.

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