Poesie ritrovate

Poesie ritrovate: Grace Paley | L’Altrove

Beh, ho davvero amato di più la poesia, mi è piaciuto farlo e ho scritto tutto il tempo, ma c’era qualcosa di veramente sbagliato nel modo in cui stavo lavorando. Non l’ho mai capito, davvero.

Nelle sue interviste Grace Paley parlava spesso di quanto fosse una cattiva poetessa. «Semplicemente non vado mai bene. La poesia è troppo letteraria», diceva. Si considerava una “persona del vicinato”, non una scrittrice e sentiva che la poesia le faceva assumere una voce che non era la sua.

La Paley si iscrisse al corso di letteratura di W. H. Auden alla New School di Manhattan, dove divenne sempre più consapevole della sua tendenza a scrivere con un “accento britannico”. Scriveva di guerra e di amore, come un poeta e gentiluomo inglese, tanto che Auden stesso gli chiese se solitamente usasse “parole in pantaloni”.

La scrittrice aveva 30 anni quando pubblicò per la prima volta il suo primo racconto, ciò che li caratterizzano è l’estrema concretezza delle storie. Quindi mentre la sua narrativa catturava le voci delle persone nella sua strada, la sua poesia tendeva ad imitare quei suoni della letteratura inglese dell’ Ottocento, creati da con Milton, Coleridge e Edna St. Vincent Millay, che erano alcuni dei suoi preferiti. La stessa Paley descriveva questo dicendo di aver imparato a “usare entrambe le orecchie all’improvviso”.

Durante i 26 anni trascorsi tra il suo acclamato primo libro di narrativa, The Little Disturbances of Man (1959) e l’ultimo, Later the Same Day (1985), scriveva continuamente poesie e poi dimenticava dove le metteva. All’inizio degli anni ’80, una delle studentesse di Paley, Beatrix Gates, la esortò a cercare le vecchie poesie – nei cassetti e dai cestini dell’ufficio, da sotto il letto – e a continuare a scrivere. La Gates aiutò la Paley a pubblicare il suo primo libro di versi, Leaning Forward (1985), una raccolta che raccolse alcune recensioni moderatamente positive, ma che fu in generale ignorata. A quel punto, le sue poesie persero la posa artificiosa dei suoi primi anni. Se essere un “vero poeta” significava essere criptico e gonfiato, allora Paley fece tutto il possibile per dimostrare che pensava poco al suo lavoro. Le sue poesie parlavano di assorbenti igienici, di centri municipali, di guerre, erano quasi prive di punteggiatura e spesso avevano delle vere e proprie battute di arresto, si fermavano di colpo con un “oh”.

Grace Paley iniziò e concluse la sua carriera con la poesia. Il suo ultimo libro, Fidelity (Fedeltà, Minimum Fax), pubblicato dopo poco più di sei mesi dopo la sua morte, è composto da scorci crudi della sua vita e si allontana sempre più da quell’ideale raffinato e signorile dei suoi primi anni.

Ho sperimentato l’amputazione

del mio seno sinistro odio la sua assenza

scrive in Molti.

La poeta descrive persino la morte della sua famiglia (sorella, madre, padre) e lo shock di vedere la sua malattia e la sua morte sul New York Times, poi si scusa per aver presentato una “denuncia contro la mortalità”. Il suo linguaggio è semplice e schivo, ma stranamente ottimista; a volte è difficile dire se le sue poesie siano attraenti per via del suo linguaggio o perché ci sembrano da una donna estremamente simpatica. A questo proposito suo marito, Robert Nichols, architetto e drammaturgo, dice che «la cosa insolita di Grace è che la sua personalità e il suo personaggio di poeta erano esattamente la stessa cosa».

Paley ha lavorato a Fidelity sporadicamente nei 15 anni prima della sua morte. «Aveva pochissimo tempo per scrivere», dice Nichols. «Quando il qualcuno le chiedeva di fare una torta, lei faceva una torta. Era aperta a tutto».
La Paley parlava spesso della propria indolenza «Io oziavo. Intendo davvero uscire» e raramente era in grado di scrivere pezzi più lunghi di cinque o sei pagine. Dava la colpa al suo temperamento. era abbastanza felice. Ha pubblicato pochi libri – tre raccolte di racconti e quattro libri di poesie in quasi sei decenni di scrittura – perché stava crescendo due bambini, viaggiando e protestando contro tre guerre.

Responsabilità

È responsabilità del mondo lasciare che il poeta sia poeta
È responsabilità del poeta essere donna
È responsabilità del poeta stare agli angoli delle strade
a distribuire poesie e volantini scritti
meravigliosamente
e anche volantini che non si possono guardare
per la loro retorica altisonante
È responsabilità del poeta essere pigro perdere tempo
e fare profezie
È responsabilità del poeta non pagare le tasse di guerra
È responsabilità del poeta entrare e uscire da torri d’avorio
bilocali su Avenue C
campi di grano saraceno e basi militari
È responsabilità del poeta uomo essere donna
È responsabilità del poeta donna essere donna
È responsabilità del poeta dire la verità al potente come
affermano i Quaccheri
È responsabilità del poeta imparare la verità da chi non
ha potere
È responsabilità del poeta ripetere sempre: non esiste
libertà senza giustizia cioè giustizia economica e
giustizia in amore
È responsabilità del poeta cantarlo su melodie originali e
su quelle tradizionali degli inni e dei poemi
È responsabilità del poeta ascoltare ogni diceria e
riportarla come i narratori diffondono la storia della vita
Non esiste libertà senza paura e senza coraggio non
esiste libertà a meno che terra e aria e acqua sopravvivano
e con loro sopravvivano i bambini
È responsabilità del poeta essere donna tenere d’occhio
il mondo e gridare come Cassandra, ma per essere
ascoltato questa volta.

La Paley una volta disse di aver iniziato a scrivere quando sentì “una forte sensazione linguistica” e ciò succedeva nei casi in cui sentiva una frase che le piaceva in particolar modo, a volte pronunciata da un’amica, e, da lì, decideva con slancio di renderla una poesia. Molti dei suoi pezzi migliori sono rimasti nella forma di bozza, composti da prime battute per mesi prima che lei trovasse un modo per andare avanti e concluderli.

Immaginiamo dunque che avesse uno scarso interesse a parlare di forma e di costruzione narrativa e poetica. Non si laureò mai ed evitò consapevolmente di entrare a far parte del mondo letterario. Scriveva a macchina le sue prime storie presso l’ufficio della scuola elementare dei suoi figli sull’11th Street.
Durante la sua carriera, fu continuamente riscoperta mettendo in evidenza quasi sempre la cucina biologica e il carattere affabile, ma il suo lavoro, e in particolare la sua poesia, ha ricevuto poca attenzione da parte degli studiosi, giudicata troppo diretta e senza segreti.
La poesia di Paley non si adatta a nessuna particolare scuola, i temi trattati sono troppo trasparenti per essere definita accademica.
Non era contraria a dire esattamente quello che intendeva. «Un poeta può scrivere di un uomo che uccide un drago», le diceva il suo mentore Auden, «ma non di un uomo che preme un pulsante che rilascia una bomba», lei scrisse proprio di quell’uomo e di quel pulsante e non trovò nessuna scusa per questo. Le sue poesie sono facili da trascurare perché sono scarne, schiette e non rivendicano importanza.

Questa torta piacerà a tutti
ci saranno dentro mele e mirtilli
e albicocche secche molti amici
diranno e perché diavolo
ne hai fatta una sola
questo con le poesie non capita

scrive in Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta.

Nei suoi ultimi anni si concentrò sulle poesie e non sui racconti per un semplice motivo: ci volevano meno tempo. Poteva lavare i piatti, visitare i suoi nipoti, partecipare a una riunione contro la guerra e trovare comunque un’ora o giù di lì per annotare alcune righe. «Era proprio l’opposto di una poetessa romantica», la ricorda con affetto Nichols. «Non le interessava essere una poetessa con la P maiuscola. Era una persona assolutamente normale, e ne era orgogliosa».

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