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Recensione: “L’età dell’uva” di Mattia Tarantino | L’Altrove

L’età dell’uva, quella dionisica ed ebbra o quella benedetta e feconda o ancora quella autunnale, in prospettiva alla raccolta, ma anche presagio del declino, della morte.

[…] “allora tutti i grappoli cogli e portali in casa”, invitava Esiodo ne Le opere e i giorni.

Ci è noto il poetare di Mattia Tarantino, e in questa sua ultima raccolta, intitolata appunto L’età dell’uva, ci porta il suo stile unico, carico di simbolismo ed importanti suggestioni.

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Il libro si apre con una dedica all’amico e collega Gabriele Galloni, morto un anno fa, e con lui, ma anche con il mondo dei morti, il poeta sembra intessere il suo dialogo.
Non c’è perdita nella morte, i defunti e le loro voci echeggiano, richiamano. La loro lingua imperscrutabile, segreta appare ora decifrata e comprensibile, il poeta si conferisce un ruolo: quello del portavoce.

[…] Mi usano per parlare a chi è rimasto,
vogliono che dica, rovesciandola,
la parola che non hanno mai trovato.

Tarantino sembra allora un profeta, un divinatore di realtà precluse a chiunque, che permette così al lettore di avvicinarvisi.
Ci ricorda la Nékya, il rito di invocazione delle anime – topos della letteratura greca – nel suo più antico ed importante riferimento; nel Libro XI dell’Odissea, infatti, Odisseo consulta l’anima dell’indovino Tiresia:

[…] lui bevve il sangue nero,
poi finalmente mi disse parole, il profeta glorioso

Se Tiresia beve il sangue nero, Tarantino pigia l’uva e ne fa vino scuro. C’è un rapporto di continuità tra i due elementi, una vitale dialettica. Sangue-Vino-Morte-Parola.

[…] solamente ciò che è unito nelle vene
resiste alle stagioni e non finisce.

È la parola, il suo ruolo, viene rivendicato dal poeta, il quale riesce ad esaltarne la funzione: autorità e magistero. Può altresì fare leva sul suo primato di conoscenza e controllo, può affermare di usare la parola, l’interpretazione del linguaggio, il senso del dire e del ricevere, il senso della virtù della comprensione.
Questa parola poetica-profetica di Tarantino è quindi esclusiva per definizione, inclusiva per effetto.

Sia questa la parola
infallibile; l’infallibile
e segreto giuramento.

L’infallibilità della parola, quel logos «grande dominatore, che col suo piccolo e invisibile corpo compie le opere più divine», come scriveva Gorgia.

La raccolta prosegue e Mattia Tarantino riprende il tema della morte «facendo il verso a G.». Tra Galloni e Tarantino c’è sempre stato un rapporto di stima professionale e umana sorprendente.
«È un peccato che non abbiano la lingua», dice Mattia. Stabilire un contatto con i defunti è un modo per non perderli del tutto, le anime si vedono aggirare nelle poesie, ritornano a vivere nel sangue dei bambini, forse un bodhisattva buddista.

Variazioni è il titolo dell’ultima sezione de L’età dell’uva, il quale ricorda quelle Variazioni belliche della Rosselli. Questa parte del libro inizia con una lirica in cui il poeta fa riferimento alla madre, ai frutti, all’uva. È il tempo che si muove in linea retta e nella sua brevità.

Vedi, non restano che i nostri
frutti sulla tavola:
mia madre che li sbuccia; i loro
nomi che pendono dall’orlo
e cadono tra il pavimento e l’invisibile.

Ora all’uva basta un soffio per marcire
in fretta e diventare una preghiera.

Anche in questa parte della raccolta c’è un richiamo continuo alla lingua, alla voce. Una voce che si fa preghiera, non urlata, ma sempre silenziosa e sussurrata.

L’età dell’uva è dunque una raccolta affascinante, che preme corde poco toccate nella poesia contemporanea italiana, un libro-invito a capirsi, a ricordarsi della vita nella sua interezza e soprattutto in quella sua continua relazione con la morte. Alla parola, a quella che è il principio di tutto, l’archè, tocca il ruolo chiave: unire morte e vita, senza l’ausilio di nomi ed alfabeti.

E poi diciamo che la lingua è inaffidabile,
ferma i nomi delle cose; si aggroviglia
al suono e lo attraversa.
Ma sappiamo che qualcosa ci rimane:
una breccia, una ferita
sempre aperta nella voce.

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L’AUTORE

Mattia Tarantino

Mattia Tarantino (Napoli, 2001) codirige Inverso – Giornale di poesia e fa parte della redazione di Atelier. Collabora con numerose riviste, in Italia e all’estero, tra cui Buenos Aires Poetry. I suoi versi sono stati tradotti in più di dieci lingue. Ha pubblicato L’età dell’uva (2021), Fiori estinti (2019) e Tra l’angelo e la sillaba (2017).

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