Estratti ed Inediti

Inediti di Melania Condò | L’Altrove

Dedalo

Dedalo, il padre che forte
spinge il figlio al volo, quel padre
che dà il figlio al mondo.
Dedalo, il mito greco, o il mito stampante
pisano, mi sembra:
la culla delle locandine degli anni
delle feste degli incontri delle sere a
mescolarsi ultime energie, delle sere
a creare momenti.
Dedalo non è uno, è almeno due: sono
Sabrina e Andrea, e mai soli sono
tanti volti, i tanti voli di questi anni,
sono le vite che spasimano di donare
le vite.
Dedalo sono anch’io, quando oggi
ritorno, specie di vita a posteriori
diminuita, o anche aumentata, quando
il sogno,
sempre il sogno, respiro dentro
lo stesso giorno di storia
di Pisa.


Del rosso

Del rosso alla sera si dice
che domani
domani,
il nuovo oggi
sarà un giorno bello.
Della mela, gialla, pure
a tratti rossa
si dice che ha sapore: sa, schiude,
regala un di più.
È rossa l’emozione, lei che mette
in moto: bene o male,
lei non sa, lei è solo
obbediente
strumento della vita,
la parola, il fatto, il meglio
la scelta è tua. Non per questo
non ti offre se stessa.
(Insegnami la tua libertà)
È rossa la croce, rossa è
ogni croce, la mia, la tua,
quella di Lorenzo, quella
di Giovanna,
quella di una madre di Kiev:
rossa, e di lei non si dice
non si dice mai abbastanza,
perché lei non si dice: si porta.
È rosso il tuo amore: l’unico che
desidera
scegliere una croce
l’unico che tutte le croci
abbraccia
l’unico, microeterno amore
sconfinato come il cielo
minuscolo come chi si lascia
mangiare.
È rosso il tuo amore:
ostinatamente coraggioso
da promettere
vita
mentre
muore.
Ma dove, dove, dove
d o v e
vedi vita mentre muori?
È questa frazione di respiro.
Sorpresa regale. È il battito
la contrazione
della mia stessa mano che
per grazia
ancora non si stanca di cantarti,
rossa vita
che mai
muori.


Diventare

Un’anta sussulta, improvvisa
congeda lo stipite:
immobile, è sempre sembrata
immobile, è mobile, ora, mentre
ha da compiere
il suo tragitto, strada che è
un passo, nient’altro. Si apre
una porta, lascia il porto, approda
alla parete di fianco,
vicina, nota, esplorata
parete, condomina
parete,
ma altro dalla porta.
“La porta si è aperta”, precisi,
e hai dato il nome al verbo:
il vento ha soffiato.
Precisi, imprecisa: dammi
vita, mia ricerca!
Se una porta osa
lasciare un porto,
lanciarsi altrove, rinunciare
all’usata posizione,
non accontentarti della sola
– già ricca – isolata
evidenza. Cerca il motore,
brama la fonte, la genesi
la spinta la volontà
del moto gratuito:
il vento ha soffiato.
C’è sempre un vento,
e un vento sempre ha soffiato.
Spasima quel vento, brezza
che non vedi, ma che sai,
sfiatati, nutriti delle sue tracce,
non saziano, ma riaccendono:
il vento ha soffiato.
Non temerne le contraddizioni: tu
spasima quel vento, e sarà
il vento, l’innumerabile vento,
che ritroverai nel passo a due
dell’anta, nel venire
al mondo
della porta.

L’AUTRICE

Melania Condò, 26 anni, calabrese di origine, vive a Pisa da sette anni. Si è laureata in Lettere moderne per poi specializzarsi in Italianistica, con una tesi in Letteratura italiana contemporanea sulla categoria di personaggio non finzionale all’interno della narrativa italiana del secondo Novecento. Da qualche anno insegna italiano nelle scuole superiori.
Ha sempre amato scrivere, per lei “scrivere poesia è dare voce e suono al desiderio di vita che abbiamo scritto dentro, è la possibilità di esprimere il battito della vita nascosto – mai troppo – dentro la realtà”.

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