Estratti ed Inediti

Estratto da “Galateo per anarchici” di Elena Serio | L’Altrove

Sott’acqua

Sott’acqua non ci sono.
Il mio corpo non esiste –
non ha peso e non ha forma,
è una macchia bianca
che soltanto
un po’ nuota e un po’ galleggia appena
in una stanza di smeraldo.
Sott’acqua non esisto,
e non esistono i pensieri
e non ho voce, non ho freddo
e nulla
nulla sento.
Sott’acqua non ho corpo
non ho colpa non ho peso
non ho scuse non ho sete
non ho vesti non ho specchi.
Sott’acqua non ho corpo
e non ho nodi fra i capelli,
sott’acqua non ho appuntamenti
non ho case non ho treni
e telefonate e chiacchiere da bar
e corse a perdifiato.
Sott’acqua non esisto
non ho peso
non ho forma non ho voce
non ho nome
sott’acqua non esisto,
e vivo


Capelli

Tutti i silenzi del mondo
se ne stanno intrecciati
fra i miei capelli.
I miei capelli, divenuti bianchi,
tacciono al tramonto.
Muti.
Non parlano più
di rame e terra,
di grano e miele.
Muti e bianchi.
Sopravvivremo a loro,
ai seni flosci
e ai fianchi stanchi,
alle fronti occupate
da sentieri di dispiacere.
Sopravvivremo ai canali
di vene tristi sulle mani,
alle orecchie impigrite,
al collo
non più esile,
non gentile,
ma sincero traditore.
Sopravvivremo al tempo,
alle piogge,
ai lutti senza fine.
Ci seppellirà soltanto
l’essere soli,
soli,
soli


Dove

Chissà dove vanno le lucertole
quando tramonta il sole,
quando la luce non bagna più la schiena
ed il pomeriggio caldo non spinge
ormai i piccoli cuori.
Chissà dove finiscono
sott’acqua le lacrime
sale nel sale,
silenzio, segreto.
Chissà dove vanno a morire
le cicale come me,
dove si avviano quando il sipario cala
inutili e sole,
in questo mondo di formiche belle.
Cime e fiumi
Io sono il fiume che scappa, si adira
e dimentica. Non l’infinito mare,
non un placido lago. Rido con la
primavera volubile e rifuggo la stasi.
Tu possiedi la tenacia delle montagne,
la costanza granitica e sofferta di valli
e pendii. Sono tuoi i silenzi prima
delle valanghe, le notti buie e lunghe
di dicembre, la pacatezza dei boschi
che sostano e osservano, stoici, pazienti,
così da secoli.
Ci accomuna il segreto delle nostre
solitudini che da un’altezza all’altra
si confessano.


Veli

Ci hanno insegnato a cauterizzare le ferite
mettendole dentro una bella teca di cristallo,
esposte, pronte ad accogliere il pellegrino
distratto e annoiato che lascerà un’offerta
di svago, ci offrirà una parola di sorta,
un lieve tocco sul braccio, abbondante
zucchero in un caffè annacquato.
Ci hanno insegnato a citare aforismi,
a cantare cuori in pezzi, a gridare e indicare
le stimmate del sepolto amore,
a seguire il copione e disprezzarlo,
rinnegarlo, passare in fretta al prossimo
scintillante orpello da esibire al party
del fine settimana.
E mentre, splendidi, fremiamo
nell’attesa che la platea di virtuali
sconosciuti ci incoroni, definisca
i nostri pregi e i nostri corpi,
decodifichi la lacrima forzata,
la strofa calzante, ci vesta
dei fervidi consensi espressi
in numeri e icone su piccoli
o grandi schermi, disimpariamo
a guardarci le punte delle scarpe,
non sappiamo riconoscere il
plenilunio, ordiniamo vino solo
per fotografarlo, dimentichiamo
come si faccia a baciare alla stazione.

L’AUTRICE

Elena Serio, nata nel 1990 in provincia di Salerno, si è laureata con lode in Musicologia e Management dell’Impresa Culturale. Lavora all’organizzazione di festival e collabora con magazine on line e cartacei. Oltre alla poesia, si dedica alla scrittura di racconti brevi, monologhi e narrativa per l’infanzia.

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