Estratti ed Inediti

Estratto da “L’alveare assopito” di Angela Caccia | L’Altrove

I colori e le sfumature della raccolta L’alveare assopito di Angela Caccia – colori sono i sentimenti, sfumature gli stati d’animo – conservano un respiro intimo e un modo di compe-netrare la realtà, osservandola, cogliendola nei suoi squarci rivelatori. Davanti a noi si svolge, accade la realtà nella sua dimensione “altra” e la poetessa si cala nell’osservazione, nell’indagine di essa, per carpirne i segnali. Senza alcun dubbio è questa la prima discreta ma potente avvisaglia della sua scrittura, rappresentata proprio da una discesa, una lama che sfibra il foglio, la pagina quale metafora del vivere indistinto e quotidiano dove s’insinua il trauma del colore nero, dell’inchiostro nel suo duplice ruolo, ovverosia da una parte rimettere in discussione l’ordine consueto delle cose e dall’altra operare un gesto salvifico nella comprensione di quanto ci viene mostrato, e del trauma stesso. Perché la scrittura è ferita, ed è tale affinché possa trarne dei frutti. Necessari.

Dalla prefazione di Davide Ziza.

E dopo la neve
l’aria rassodò sui rami
e ascoltammo l’ombra
cadere dagli alberi
mutilati del bordo sicuro
Il po’ di verde sconsolato
annusava ovunque luce
rovistava in sacche di grigio
ed abbandono
la condanna del colore
fu la fatica di nascere rosa


Avesse un rumore la solitudine
sarebbe di silenzio
e quello di una stanza d’albergo non dà eco
eppure
avanzano tamburi al suono di neve

Chiusa la porta nessun segno a chi sei
a chi eri – niente che ti racconti
niente ti ricorda – una parentesi
aperta nella linearità del tempo
e lo sospende

Guardavo il buio impolverare
lenta la campagna quando
una dopo l’altra fiorirono le lucciole
e fu come uno sconto di pena


Mostrami il doppio della felicità
lo schianto di luci nelle tenebre
il sole del grano alto
l’albero che resiste all’ascia
le impronte di volpi sulla neve
– tracce indistinte di incontri – e ti dirò
dello stesso e del mutevole
di un tempo straniero che cresce in petto
del cuore che va lavato di tanto in tanto
di dolori che scavano strade nel sonno
del fiato che ci vuole
per non restare intrusi a sé stessi


Ti direi che è facile vuotare
le parole conoscerne il lato
ghiacciato
o l’alveare assopito – alcune
a deviarne una sillaba
tornano crepe – bisognerà
attendere che il sole le asciughi
scongiurare solitudini in cattività
gli alberi in lutto ostinato e altre
ghiottonerie del dolore – tu
conserva sempre
memoria del bianco
un diario minimo del ritorno


Torno sul foglio
alla pena che non so dirti
all’abbraccio che ci fa indistinti

Ti trattengo
e svanisci azzurro nelle carni
come le tante lune infedeli a cui ti
concedi – dimmi
ti prego
si diventa saggi
arrotando l’arte del perdere?

L’AUTRICE

Angela Caccia

Angela Caccia è nata nel 1958, funzionaria in un ente pubblico, vive e lavora a Crotone. Ha partecipato a molti concorsi, raccolto un buon medagliere e qualche vittoria importante; riguardo l’edito, a suo attivo le sillogi: Il canto del silenzio, Ici, Il fruscio feroce degli ulivi, Fara 2013, Il tocco abarico del dubbio, Fara 2015, Piccoli forse, Lietocolle 2017, Accecate i lettori, Fara 2017; ultima pubblicazione L’Alveare assopito, premio della vincita al concorso bandito dalla Fara Edizioni 2022. Suoi contributi sparsi nel web, i più nella rivista on line di poesia Versante Ripido della cui redazione ho fatto parte; blog siti e riviste hanno scritto sulla mia poesia tra cui Poesia de il Corriere della sera, Satura, Patria Letteratura, il blog RAI Poesia, Oubliette magazine, ultimo il quotidiano nazionale La Repubblica di Napoli nella rubrica di Eugenio Lucrezi e ne La Repubblica di Firenze, rubrica di Alba Donati. Ha una laurea, ancora sogni, e tre superbe passioni: la poesia, gli scacchi e la modellazione di ceramica e porcellana fredda. Si racconta spesso nel suo blog http://ilciottolo.blogspot.it/

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