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“Amori diVersi”, intervista a Flavia Novelli | L’Altrove

È ridicolo scrivere lettere d’amore? Nel (quasi) 2023, se ammettessimo di farlo, forse risulteremmo ridicoli, è vero. Con i cellulari, Instagram, WhatsApp, social ed app di messaggistica varia scrivere lettere d’amore su carta diventa l’ultimo dei nostri pensieri. Eppure rimane nello scrivere, in questo atto, un eterno gesto profondo, nella consapevolezza che solo il foglio può contenere il sentimento per eccellenza: l’amore.

Lo sapevano bene i poeti, che si innamoravano e ne scrivevano tante di lettere. E l’amore tra i poeti com’era e com’è? Pieno di versi. Ungaretti scriveva a Bruna Bianchi, Dino Campana a Sibilla Aleramo, Paul Celan a Ingeborg Bachmann , Sylvia Plath a Ted Hughes ecc.

Amori diVersi, uscito per Porto Seguro Editore, vuole proprio raccontare e farci rivivere le grandi storie d’amore attraverso le parole degli stessi protagonisti: le parole degli scambi epistolari, dei diari e delle poesie che si sono dedicati.

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Ad arricchire la narrazione, la società, gli avvenimenti e i personaggi che ne fanno da sfondo. Quelli fra poeti sono “Amori di-versi”, amori in cui il sentimento e la scrittura si influenzano a vicenda. Tra due poeti l’amore si nutre di versi. La parola scritta diventa il centro gravitazionale della relazione d’amore; intorno ad essa ruotano e vi precipitano i sentimenti. Scambi culturali, dichiarazioni d’amore, litigi, gelosie, proposte ardite e tenere effusioni si dipanano sulle pagine di diari, lettere e poesie. Ed è grazie a queste scritture dense di vita che è possibile ricostruire e immergersi nelle grandi storie d’amore che hanno unito alcuni tra i più importanti poeti degli ultimi due secoli.
Amori platonici, passionali, estemporanei, eterni, dirompenti, devastanti, edificanti o distruttivi; storie diverse e distanti l’una dall’altra, ma tutte indissolubilmente legate dal collante della poesia e della parola scritta. La forma epistolare esprime una poetica della lontananza, che si nutre di distanza nel tempo e nello spazio, di desiderio inappagato e di nostalgia.

Abbiamo intervistato Flavia Novelli, colei che ha curato questa bellissima antologia, così da scoprirla meglio.

Grazie Flavia per la tua disponibilità. Com’è nato il libro? Ce ne racconteresti la genesi?

È nato dall’incontro fra tre grandi interessi: la poesia, gli epistolari e, naturalmente, l’amore.
Il rapporto con la poesia affonda le radici nell’infanzia quando, in maniera ovviamente del tutto inconsapevole, trovavo naturale e divertente esprimermi in versi e giocare con le rime. Con il tempo quel gioco è andato diventando sempre più il linguaggio elettivo attraverso il quale poter esprimere in modo celato pensieri e sentimenti intimi.
Per quanto riguarda gli epistolari, c’è da premettere che appartengo a una generazione che ricorreva largamente alla parola scritta per intessere e mantenere relazioni amicali o amorose a distanza, non essendo ancora apparsi i telefoni cellulari ed essendo le telefonate interurbane molto costose. Conservo ancora centinaia di lettere e cartoline della mia adolescenza e prima giovinezza. Mi hanno quindi sempre attratto gli scambi epistolari tra grandi personaggi della storia e della letteratura, anche per scoprirne i lati più umani e nascosti. Determinante è stata poi la lettura de “Il settimo sogno (lettere 1926)” di Marina Cvetaeva, Boris Pasternak e Rainer-Maria Rilke, libro ormai introvabile che ho faticato a recuperare. Sono state proprio le straordinarie lettere fra queste tre grandi personalità, che si sono amate senza mai incontrarsi, a suggerirmi che ci potessero essere delle peculiarità nel modo di amare ed esprimere l’amore da parte dei poeti. Da quel momento è nata, circa tre anni fa, una ricerca volta a verificare quell’intuizione. Inizialmente pensavo solo di trarne alcuni racconti per un blog per il quale curavo la sezione dedicata alla poesia, ma la cosa mi ha preso la mano.

È stato un lavoro complicato riunire lettere, poesie, carte varie per giungere al lavoro finito?

Sì, abbastanza complicato, ma anche molto appassionante. Innanzitutto perché quando ho iniziato non avevo idea che fossero così tante le storie d’amore fra poeti. Conoscevo le più note, ma molte le ho scoperte in itinere.
E poi dietro ogni storia c’è un lavoro di ricerca, raccolta, studio, reso a volte più complesso dalla non reperibilità di testi ormai fuori catalogo o mai tradotti in italiano.
La cosa forse più difficile è stata però cercare di restituire di ogni storia la sua peculiarità. Intendo dire che ho intenzionalmente evitato di adottare un medesimo schema narrativo valido per tutte le narrazioni, perché se per alcune mi sembrava ad esempio fondamentale partire dalla biografia degli autori, per altre poteva essere più rilevante il contesto storico e culturale oppure, ancora, il ritratto psicologico dei due amanti, o la loro produzione letteraria. Insomma, come nella vita reale, ogni storia d’amore è unica e irripetibile, e come tali sono state trattate.
In tutte ho però voluto che la voce dei protagonisti risuonasse con più forza della mia, inserendosi nella narrazione attraverso le parole dei diari, delle poesie e, soprattutto, degli scambi epistolari.

Perché l’amore, secondo te, è il sentimento più cantato in poesia e in tutte le altre arti in generale?

Forse perché la produzione artistica vive di emozioni: quelle da cui trae ispirazione e quelle che riesce a suscitare. E non c’è dubbio che sia l’amore il sentimento umano in grado di generare le emozioni più estreme e potenti: la felicità e il dolore più intensi, l’altruismo spinto fino all’annullamento di se stessi e la più cieca gelosia e possessività, l’appagante serenità e la tormentata trepidazione.
Aggiungerei poi che l’imponderabile mistero che avvolge l’amore può rappresentare per l’artista un’affascinante sfida in cui lanciarsi per cercare di comprendere e manifestare la verità sull’amore, dall’origine della scintilla amorosa, alle regole dell’attrazione e dell’amore eterno. Sfida che credo mai nessuno riuscirà a vincere.

“Dirti ti amo per un poeta
assume un significato diverso
dal volgere umano delle cose”
Citi questi versi di Alda Merini nell’introduzione. Ecco, come ama un poeta?

La risposta è proprio in questi versi di Alda Merini, almeno per come io li ho interpretati. Un poeta ama essenzialmente attraverso la parola e il diverso peso e valore che ad essa attribuisce. In tutte le storie d’amore che racconto nel libro c’è questo filo rosso che le unisce: l’amore dei poeti nasce, vive e muore nel mondo delle parole. La parola scritta diventa il centro gravitazionale della relazione d’amore, intorno a essa ruotano e vi precipitano i sentimenti. Amori platonici, passionali, fugaci, eterni, dirompenti, edificanti o devastanti; storie diverse e distanti l’una dall’altra, ma tutte indissolubilmente legate dal collante della poesia, che in alcuni casi è essa stessa scintilla generatrice d’amore – Sibilla Aleramo si innamora di Campana ancor prima di conoscerlo, leggendo le sue poesie –, in altri è dell’amore figlia, come nel caso di Ezra Pound e Hilda Doolittle che, dopo un breve amore adolescenziale, continueranno per tutta la vita a dedicarsi poesie e influenzarsi intellettualmente l’un l’altra.
L’amore tra poeti si nutre insomma di parole e di versi, divorandoli e facendosene divorare.
L’esempio più vivido è quello di Marina Cvetaeva, per la quale la vita reale e i suoi aspetti tangibili erano ben poca cosa rispetto al regno della parola, del sogno e della poesia, in cui preferiva vivere, giacché il contatto della parola era per lei un atto non meno reale che il contatto fisico. «I versi erano il suo corpo – scrive Pietro Citati – e tra lei e le poesie, tra le lettere e le poesie non c’era mai la minima distanza o fessura. Il suo capolavoro era lei viva, unione di corpo e di versi». Anche il rapporto figliare era assoggettato a tale regola, tanto che nei confronti della secondogenita Irina, Marina non riusciva a provare sentimenti d’amore perché, forse a causa di un ritardo mentale, la piccola non era in grado di esprimersi e comunicare. E come poteva Marina amare qualcuno che non possedeva il dono della parola?

Quale storia d’amore ti ha colpito maggiormente?

Ho difficoltà a indicarne una sola, anche perché ogni volta che mi immergevo in una storia, dedicandole mesi di letture e scrittura, mi convincevo che fosse la storia d’amore più bella di tutti i tempi, per poi pensare la stessa cosa quando passavo a quella successiva. Certo ci sono storie in cui mi sono maggiormente identificata o poeti per i quali ho provato più simpatie o antipatie, ma se posso dire ciò che mi ha colpito veramente, più che una singola storia, è la potenza delle figure femminili. Tranne poche eccezioni, le poetesse presenti nel libro sono figure ingiustamente escluse, per una sorta di damnatio memoriae, dalla maggior parte delle antologie o dei manuali di letteratura, e invece ho scoperto delle donne di grande spessore, spesso innovative, all’avanguardia, coraggiose, ribelli, impegnate, che ci hanno lasciato materiale letterario di tutto rilievo e che spesso hanno avuto notevole influenza sulla produzione dei loro compagni.

E la tua poesia d’amore preferita qual è?

Posso citarne due? Sono entrambe della poetessa bulgara Blaga Dimitrova ed esprimono, secondo me, con meravigliosa esattezza, quel che prima volevo intendere dicendo che l’amore è il sentimento umano in grado di generare le emozioni più estreme e potenti. In questi versi c’è infatti tutto il potere che l’amore ha di dare e di togliere, di farti innamorare di tutto il mondo, quando c’è, e di farti rimpiangere anche i dolori più grandi pur di sentirti ancora viva, quando ti abbandona.

SENZA AMORE

Da questo momento vivrò senza amore.
Libera dal telefono e dal caso.
Non soffrirò. Non avrò dolore né desiderio.
Sarò vento imbrigliato, ruscello di ghiaccio.

Non pallida per la notte insonne –
ma non più ardente il mio volto.
Non immersa in abissi di dolore –
ma non più verso il cielo in volo.
Non più cattiverie – ma nemmeno
gesti di apertura infinita.
Non più tenebre negli occhi, ma lontano
per me non s’aprirà l’ orizzonte intero.

Non aspetterò più, sfinita, la sera –
ma l’alba non sorgerà per me.
Non mi inchioderà, gelida, una parola –
ma il fuoco lento non mi arderà.
Non piangerò sulla crudele spalla –
ma non riderò più a cuore aperto.
Non morrò solo per uno sguardo –
ma non vivrò realmente mai più.

PERDITA

Non so se mi ero innamorata di te.
Mi innamorai però di altre cose, lo so:
di una stanza scomoda rivolta a nord,
di una teiera che crepitava di sera.

Degli alberi mi innamorai che toglievano spazio,
dei solitari e soffocanti cinema di quartiere,
dei dolorosi ricordi di prigione,
di un muro ferito dalle bombe.

Delle fermate del tram, delle foglie ricoperte di brina,
di una calda tasca con castagne bruciate,
della pioggia scrosciante, del suono del telefono,
perfino della nebbia fonda color cenere.

Di tutto il mondo mi ero innamorata, non di te.
Lo scoprivo nuovo, interessante, ricco.
Per questo soffro… Non per averti perso.
Altro ho perduto – il mondo intero.

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