Riscoprire i poeti

Poesie scelte di Allen Ginsberg | L’Altrove

Canzone

Il peso del mondo
è amore.
Sotto il fardello
della solitudine,
sotto il fardello
dell’insoddisfazione

il peso,
il peso che trasportiamo
è amore.

Chi può negarlo?
Nei sogni
sfiora
il corpo,
nel pensiero
costruisce
un miracolo,
nell’immaginazione
langue
finché è diventato
umano…
si affaccia dal cuore
ardente di purezza –
perché il fardello della vita
è amore,
ma trasportiamo il peso
stancamente,
e così dobbiamo riposare
tra le braccia dell’amore
finalmente,
dobbiamo riposare tra le braccia
dell’amore.

Non c’è riposo
senza amore,
non c’è sonno
senza sogni
d’amore –
pazzi o gelidi,
ossessionati da angeli
o da macchine,
il desiderio estremo
è amore
– non può essere amaro,
non può negare,
non può contenersi
se negato:

il peso è troppo greve
– deve dare
senza nulla riavere
come il pensiero
è dato
in solitudine
in tutta l’eccellenza
del suo eccesso.

I tiepidi corpi
brillano insieme
nel buio,
la mano si muove
verso il centro
della carne,
la pelle trema
di felicità
e l’anima appare
gioconda nell’occhio –
sì, sì,
è questo che
volevo,
ho sempre voluto,
ho sempre voluto,
ritornare
al corpo
in cui sono nato.

Da Jukebox all’idrogeno, Mondadori

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America

America ti ho dato tutto e ora non sono nulla.
America due dollari e ventisette centesimi 17 Gennaio 1956.
Non posso sopportare la mia mente.
America quando finiremo la guerra umana?
Va’ a farti sfottere dalla tua bomba atomica.
Non mi sento bene non mi seccare
Non scriverò la poesia finché non avrò la mente a posto.
America quando sarai angelica?
Quanto ti toglierai i vestiti?
Quando ti guarderai attraverso la tomba?
Quando sarai degna del tuo milione di Trotzkisti?
America perché le tue biblioteche sono piene di lacrime?
America quando manderai le tue uova in India?
Sono stufo delle tue folli pretese.
Quando potrò andare al supermarket e comprare ciò che mi occorre con la mia bella faccia?
America dopo tutto siamo tu e io a essere perfetti non il mondo vicino.
Il tuo macchinario è troppo per me.
Mi hai fatto voler diventare un santo.
Dev’esserci qualche altro modo di risolvere questo argomento.
Burroughs è a Tangeri non credo che tornerà è una cosa sinistra.
Sei tu ad essere sinistra o si tratta di qualche scherzo pratico?
Sto cercando di venire al punto.
Mi rifiuto di rinunciare alla mia ossessione.
America smetti di spingermi so quello che sto facendo.
America i fiori dei prugni stanno cadendo.
Non leggo da mesi i giornali, ogni giorno qualcuno va sotto processo per assassinio.
America mi sento sentimentale a pensare ai Wobblies.
America ero comunista da ragazzo e non mi dispiace.
Ho fumato marijuana ogni volta che ho potuto.
Resto in casa intere giornate a guardare le rose nell’armadio.
Quando vado a Chinatown mi ubriaco e non mi faccio mai scopare.
Mi sono deciso ci saranno guai.
Dovevi vedermi quando leggevo Marx.
Lo psicanalista dice che sono perfettamente a posto.
Non dirò le Preghiere del Signore.
Ho visioni mistiche e vibrazioni cosmiche.
America non ti ho ancora detto che cosa hai fatto allo zio Max quando è arrivato dalla Russia.

Sto parlando a te.
Lascerai che la tua vita emotiva sia guidata dalla rivista Time?
Sono ossessionato dalla rivista Time.
La leggo tutte le settimane.
La sua copertina mi fissa ogni volta che sguscio davanti al pasticciere sull’angolo.
La leggo nel sotterraneo della Biblioteca Pubblica di Berkeley.
Non fa che parlarmi di responsabilità. Gli industriali sono seri. I produttori di cinema sono seri. Tutti sono seri tranne me.
Mi viene in mente che io sono l’America.
Sto parlando di nuovo a me stesso.

L’Asia si ribella contro di me.
Io non ho l’opportunità di un cinese.
È meglio che mi basi sulle mie risorse nazionali.
La mie risorse nazionali consistono in due cicche di marijuana milioni di genitali una letteratura privata impubblicabile che va a 1400 miglia all’ora e venticinquemila manicomi.
Non parlo delle mie prigioni o dei milioni di sottoprivilegiati che vivono nei miei vasi da fiori alla luce di cinquecento soli.
Ho abolito i postriboli in Francia, Tangeri è la prossima di turno.
La mia ambizione è di essere Presidente nonostante il fatto che sono Cattolico.

America come posso scrivere una litania santa nel tuo stupido umore?
Continuerò come Henry Ford le mie strofe sono individui come le sue automobili e in più sono tutte di sessi diversi.
America ti venderò strofe a $ 2.500 l’una $ 500 per la tua strofa vecchia
America libera Tom Mooney
America salva i Lealisti Spagnoli
America Sacco e Vanzetti non devono morire
America io sono i ragazzi di Scottsboro.
America quando avevo sette anni la mamma mi portava alle riunioni di una Cellula Comunista ci vendevano garbanzos una manciata per un biglietto un biglietto costava un nickel e i discorsi erano gratis tutti erano angelici e sentimentali verso i lavoratori era tutto così sincero che non avete idea che cosa bella era il partito nel 1835 Scott Nearing era un gran vecchio un vero maschio Madre Bloor mi faceva piangere una volta ho visto Ismael Amter in carne e ossa. Dovevano essere tutti spie.
America tu in realtà non vuoi fare la guerra.
America sono quei Russi cattivi.
Quei Russi quei Russi e quei Cinesi. E quei Russi.
La Russia vuole mangiarci vivi. La Russia è pazza di potere. Vuole portarci via le automobili dai garages.
Vuole impadronirsi di Chicago. Ha bisogno di un Readers’ Digest Rosso. Vuole le nostre stazioni di rifornimento.
Così non va. Ugh. Insegnerà agli Indiani a leggere. Ha bisogno dei nostri grossi negri. Ah. Ci farà lavorare sedici ore al giorno. Aiuto.
America è una cosa seria.
America questa è l’impressione che ricevo guardando la televisione.
America è giusto?
È meglio che mi metta subito al lavoro.
È vero che non voglio andare sotto le armi o girare torni in sezioni specializzate di fabbriche, comunque sono miope e psicopatico.
America ora mi rimbocco queste maniche pederaste.

Da La caduta dell’America, Mondadori


Che fortuna

Son fortunato che ho tutte le dita della mano destra
Che a far pipì non sento tanto male
Che la pancia mi funziona
Che di notte a letto dormo bene, la pennica nel pomeriggio
Che posso far due passi con calma su First Avenue
Che metto insieme duecentomila all’anno
Cantando Eli Eli, scrivendo quello che mi passa per la testa, cesellando primordiali ghirigori, Insegnando al college buddhista, scattando con Leica foto di fermate d’autobus da dietro la la finestra dei miei occhi

E sentire le sirene delle ambulanze, il profumo dell’aglio e della ruggine, il sapore dei cachi e della passera di mare, camminare scalzo al piano di sopra con le piante dei piedi un po’ desensibilizzate
Fortunato che posso pensare, e che in cielo può nevicare

Da Morte e fama, Il Saggiatore

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Urlo

Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa,

hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte,

che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz,

che mostravano il cervello al Cielo sotto la Elevated e vedevano angeli Maomettani illuminati barcollanti su tetti di casermette

che passavano per le università con freddi occhi radiosi allucinati di Arkansas e tragedie blakiane fra gli eruditi della guerra,

che venivano espulsi dalle accademie come pazzi & per aver pubblicato odi oscene sulle finestre del teschio,

che si accucciavano in mutande in stanze non sbarbate, bruciando denaro nella spazzatura e ascoltando il Terrore attraverso il muro,

che erano arrestati nelle loro barbe pubiche ritornando da Laredo con una cintura di marijuana per New York,

che mangiavano fuoco in alberghi vernice o bevevano trementina nella Paradise Alley, morte, o notte dopo notte si purgatoratizzavano il torso
con sogni, droghe, incubi di risveglio, alcool e uccello e sbronze a non finire,

incomparabili strade cieche di nebbia tremante e folgore mentale in balzi verso i poli di Canada & Paterson, illuminando tutto il mondo immobile del Tempo in mezzo,

solidità Peyota di corridoi, albe cimiteri alberi verdi retro cortili, sbronze di vino sopra i tetti, rioni di botteghe in gioiose corse drogate neon balenio di semafori, vibrazioni di sole e luna e alberi nei rombanti crepuscoli invernali di Brooklyn, fracasso di pattumiere e dolce regale luce della mente,

che si incatenavano ai subways in corse interminabili dal Battery al santo Bronx pieni di simpamina finché lo strepito di ruote e bambini li faceva scendere tremanti a bocca pesta e scassati stremati nella mente svuotata di fantasia nella luce desolata dello Zoo,

che affondavano tutta la notte nella luce sottomarina di Bickford fluttuavano fuori e passavano un pomeriggio di birra svanita nel desolato Fugazzi ascoltando lo spacco del destino al jukebox all’idrogeno,

che parlavano settanta ore di seguito dal parco alla stanza al bar a Bellevue9 al museo al ponte di di Brooklyn,

schiera perduta di conversatori platonici precipiti dai gradini d’ingresso dalle scale di sicurezza dai
davanzali dall’Empire State giù dalla luna, farfugliando strillando vomitando sussurrando fatti

e ricordi e aneddoti e sensazioni ottiche e shocks di ospedali e carceri e guerre, interi intelletti rigurgitati in un richiamo totale per

sette giorni e notti con occhi brillanti, carne

da Sinagoga sbattuta per terra, che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando
una scia di ambigue cartoline del Municipio di Atlantic City, straziati da sudori orientali e scricchiolii d’ossa
tangerini e emicranie cinesi nel rientro dalla streppa in una squallida stanza mobiliata di

Newark23, che giravano e giravano a mezzanotte tra i binari

morti chiedendosi dove andare, e andavano, senza lasciare cuori spezzati, che accendevano sigarette in carri merci carri merci

carri merci strepitanti nella neve verso fattorie

solitarie nella notte dei nonni, che studiavano Piotino Poe San Giovanni della Croce

telepatia e cabala del bop perché il cosmo vibrava istintivamente ai loro piedi nel Kansas, che stavano soli per le strade dello Idaho in cerca di
visionari angeli indiani che erano visionari angeli
indiani, che credevano di essere soltanto matti quando Baltimore luccicava in un’estasi soprannaturale, che sobbalzavano in limousine col Cinese dell’Oklahoma sotto l’impulso di inverno mezzanotte luce stradale provincia pioggia,

che indugiavano affamati e soli a Houston in cerca di jazz o sesso o minestra, e seguivano il brillante Spagnolo per chiacchierare sull’America e l’Eternità, causa persa, e cosi si imbarcavano per l’Africa,

che scomparivano nei vulcani del Messico non lasciando che l’ombra dei jeans e la lava e ceneri di poesia sparse nella Chicago caminetto,

che riapparivano sulla West Coast indagando sul f.b.i. barbuti e in calzoncini con grandi occhi pacifisti sexy nella pelle scura distribuendo volantini incomprensibili,

che si bucavano le braccia con sigarette protestando contro la nebbia di tabacco narcotico del Capitalismo,

che diffondevano manifesti Supercomunisti in Union Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene di Los Alamos li zittivano col loro grido, e gridavano giù per Wall e anche il ferry di Staten Island gridava,

che crollavano piangendo in palestre bianche nudi e tremanti davanti al macchinario di altri scheletri,
che mordevano i poliziotti nel collo e strillavano di felicità nelle camionette per non aver commesso altro delitto che la loro intossicazione e pederastia pazza tra amici,
che urlavano in ginocchio nel subway e venivano trascinati dal tetto sventolando genitali e manoscritti,
che si lasciavano inculare da motociclisti beati, e strillavano di gioia,

che si scambiavano pompini con quei serafini umani, i marinai, carezze di amore Atlantico e Caribbeo,

che scopavano la mattina la sera in giardini di rose e sull’erba di parchi pubblici e cimiteri spargendo il loro seme liberamente su chiunque venisse,

che gli veniva un singhiozzo interminabile cercando di ridacchiare ma finivano con un singhiozzo dietro un tramezzo dei Bagni Turchi quando l’angelo biondo & nudo veniva a trafiggerli con una spada,

che perdevano i loro ragazzi d’amore per le tre vecchie streghe del fato la strega guercia del dollaro eterosessuale la strega guercia che strizza l’occhio dal grembo e la strega guercia che sta li piantata sul culo a spezzare i fili d’oro intellettuali del telaio artigianale,

che copulavano estatici e insaziati con una bottiglia di birra un amante un pacchetto di sigarette una candela e cadevano dal letto, e continuavano sul pavimento e giù per il corridoio e finivano svenuti contro il muro con una visione di fica suprema e sperma eludendo l’ultima sbora della coscienza,

che addolcivano le fiche di milioni di ragazze tremanti al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina ma pronti ad addolcire la fica dell’alba, natiche lampeggianti sotto i granai e nude nel lago,

che andavano a puttane nel Colorado in miriadi di macchine notturne rubate, N.C., eroe segreto di queste poesie, mandrillo e Adone di Denver — gioia alla memoria delle sue innumerevoli scopate di ragazze in terreni abbandonati & retrocortili di ristoranti per camionisti, in poltrone traili

ballanti di vecchi cinema, su cime di montagna in caverne o con cameriere secche in strade familiari sottane solitarie alzate & solipsismi particolarmente segreti nei cessi dei distributori di benzina, & magari nei vicoli intorno a casa,

che dissolvevano in grandi cinema luridi, si spostavano in sogno, si svegliavano su una Manhattan improvvisa, e si tiravano su da incubi di cantine ubriachi di Tokay spietato e da orrori di sogni di ferro della Terza Strada & inciampavano verso l’Ufficio Assistenza,

che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue su moli coperti di neve aspettando che una porta sullo East River si aprisse su una stanza piena di vapore caldo e di oppio,

che creavano grandi drammi suicidi in appartamenti a picco sullo Hudson sotto azzurri fasci antiaerei di luce lunare & le loro teste saranno incoronate di alloro nell’oblio,

che mangiavano stufato d’agnello dell’immaginazione o ingoiavano rospi nel fondo fangoso dei fiumi di Bowery,

che piangevano sulle strade romantiche coi carretti pieni di cipolle e musica scassata,
che sedevano in casse respirando al buio sotto il ponte, e si alzavano per fare clavicembali nelle loro soffitte,

che tossivano al sesto piano di Harlem incoronati di fiamme sotto il cielo tubercolare circondati da teologia in cassette da frutta,

che scarabocchiavano tutta la notte in un rock and roll su incantesimi da soffitta destinati a diventare nella mattina giallastra strofe di assurdo,

che cuocevano animali marci polmoni cuori code zampe borsht & tortillas sognando il puro reame vegetale,

che si buttavano sotto furgoni di carne in cerca di un uovo,

che buttavano orologi dal tetto per gettare il loro voto all’Eternità fuori del Tempo, & per un decennio dopo le sveglie cadevano ogni giorno sul loro capo,

che si tagliavano i polsi tre volte di seguito senza seguito, rinunciavano ed erano costretti ad aprire negozi di antiquariato dove credevano di invecchiare e piangevano,

che venivano arsi vivi nei loro innocenti vestiti di flanella sulla Madison Avenue tra esplosioni di versi di piombo e il frastuono artificiale dei ferrei reggimenti della moda & gli strilli alla nitroglicerina dei finocchi della pubblicità & l’iprite di sinistri redattori intelligenti, o venivano investiti dai taxi ubriachi della Realtà Assoluta,

che si buttavano dal ponte di Brookiyn questo è successo davvero e se ne andavano sconosciuti e dimenticati tra la foschia spettrale di Chinatown minestra vicoli & autopompe, neanche una birra gratis,

che cantavano disperati dalle finestre, cadevano dal finestrino del subway, si buttavano nello sporco Passaic, saltavano su negri, piangevano lungo tutta la strada, ballavano scalzi su bicchieri rotti spaccavano nostalgici dischi Europei di jazz tedesco del ‘30 finivano il whisky e vomitavano rantolando nel cesso insanguinato, nelle loro orecchie gemiti e l’esplosione di colossali sirene,

che rotolavano giù per le autostrade del passato andando l’un l’altro verso l’hotrod-Golgotha di veglia solitudine-prigione o l’incarnazione del jazz di Birmingham,

che guidavano est – ovest settantadue ore per sapere se io avevo una visione o tu avevi una visione o lui aveva una visione per scoprire l’Eternità,

che andavano a Denver, che morivano a Denver, che ritornavano a Denver & aspettavano invano, che vegliavano a Denver & meditavano senza compagni a Denver e infine se ne andavano per scoprire il Tempo, & ora Denver ha nostalgia dei suoi eroi,

che cadevano in ginocchio in cattedrali senza speranze pregando per l’un l’altro salvezza e luce e seni, finché l’anima si illuminava i capelli per un attimo,

che si sfondavano il cervello in prigione aspettando criminali impossibili dalla testa bionda e il fascino della realtà nei loro cuori che cantavano dolci blues a Alcatraz,

che si ritiravano in Messico per conservarsi alla droga, o a Rocky Mount per il tenero Buddha o a Tangeri a ragazzini o alla Southern Pacific per la locomotiva nera o a Harvard o a Narciso o a Woodlawn alle orge o la fossa,

che chiedevano prove di infermità mentale accusando la radio di ipnotismo & venivano lasciati con la loro pazzia & le loro mani &. una giuria incerta,

che al ccny buttavano patate in insalata ai conferenzieri sul Dadaismo e poi si presentavano sui gradini di pietra del manicomio con teste rapate e discorsi arlecchineschi di suicidio, chiedendo un’immediata lobotomia,

e invece venivano sottoposti al vuoto concreto o insulina metrasol elettricità idroterapia psicoterapia terapia educativa ping pong e amnesia,

che in malinconica protesta rovesciavano un unico simbolico tavolo da ping pong, riposando un poco in catatonia,

ritornando anni dopo proprio calvi eccetto una parrucca di sangue, e lacrime e dita, al visibile destino da pazzo delle corsie delle città-manico-mio dell’Est,

fetidi corridoi di Pilgrim State Rockland e Greystone, litigando con gli echi dell’anima, rockrollando nella mezzanotte solitudine-panca dolmen-rea-mi dell’amore, sogno della vita un incubo, corpi ridotti pietra pesanti come la luna,

con mamma finalmente …, e l’ultimo libro fantastico scaraventato dalla finestra, e l’ultima porta chiusa alle 4 del mattino e l’ultimo telefono sbattuto in risposta contro il muro e l’ultima stanza ammobiliata svuotata fino all’ultimo pezzo di mobilia mentale, una rosa di carta gialla attorcigliata su una gruccia di fil di ferro nell’armadio, e perfino essa immaginaria, nient’altro che un pezzetto di speranza nell’allucinazione –

ah, Carl, mentre tu non sei al sicuro io non sono al sicuro, e ora sei davvero nel totale brodo animale” del tempo – e che dunque correvano per le strade gelate ossessionati da un lampo improvviso dell’alchimia dell’uso dell’ellisse il catalogo il metro & i piani vibranti,

che sognavano e facevano abissi incarnati nel Tempo & lo Spazio mediante immagini contrapposte, e

intrappolavano l’arcangelo dell’anima tra 2 immagini visive e univano i verbi demenziali e sistemavano insieme il sostantivo e il trattino della coscienza sobbalzando alla sensazione del Pater Omnipotens Aeterni Deus

per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa umana e fermarvisi di fronte muti e intelligenti e tremanti di vergogna, ripudiati ma con anima confessa per conformarsi al ritmo del pensiero nella sua testa nuda e infinita,

il pazzo vagabondo e angelo battuto nel Tempo, sconosciuto, ma dicendo qui ciò che si potrebbe lasciar da dire nel tempo dopo la morte,

e si alzavano reincarnati nei vestiti spettrali del jazz all’ombra tromba d’oro della banda e suonavano la sofferenza per amore della nuda mente d’America in un urlo di sassofono elai elai lamma lamma sabacthani che faceva tremare le città fino all’ultima radio

col cuore assoluto della poesia della vita macellato dai loro corpi buono da mangiare per mille anni.

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