Nasceva oggi

Nasceva oggi: Octavio Paz | L’Altrove

Nasceva oggi il poeta, scrittore e diplomatico Octavio Paz.

Octavio Paz nacque a Città del Messico nel 1914. Visse però a lungo in Spagna, dove sostenne la lotta dei repubblicani durante la Guerra civile spagnola e successivamente in Francia dove lavorò con André Breton e Benjamin Péret. Rientrato in Messico, nel 1938 fondò e diresse “Taller”, una rivista sulla nuova generazione di scrittori messicani. Diresse inoltre le riviste “Plural” (1971) e “Unalta” (1976).
Nel 1943 si trasferì negli Stati Uniti e venne a contatto con la poesia modernista americana.
Nel 1945 Paz entrò nel servizio diplomatico messicano e nel 1962 fu nominato ambasciatore del Messico in India.

Dal punto di vista letterario, Paz ricevette numerosi riconoscimenti; nel 1956 vinse il Premio Xavier Villaurrutia, nel 1981 gli fu conferito il Premio Cervantes e nel 1990 vinse il Premio Nobel per la letteratura.
Morì a Città del Messico nel 1998.

Paz è considerato uno dei maggiori poeti in lingua spagnola e la sua è una poesia di sperimentazione, fatta di varie contaminazioni grazie ai molti viaggi compiuti. In Francia venne influenzato dai poeti surrealisti, in America dalla Beat Generation. Ma i suoi versi vogliono essere un mezzo per restituire senso alla vita e all’esistenza umana.
Tra le sue raccolte di poesia maggiori Salamandra (1962), Versante Est (1984) e Vento Cardinale e altre poesie (1969).

Lo ricordiamo con alcune sue poesie.

Poesie di Octavio Paz

Sparo

Salta la parola
dinanzi al pensiero
dinanzi al suono
la parola salta come un cavallo
dinanzi al vento
come un vitello di zolfo
dinanzi alla notte
si perde per le vie del mio cranio
dappertutto le tracce della fiera
sulla faccia dell’albero il tatuaggio scarlatto
sulla fronte del torrione il tatuaggio di ghiaccio
sul sesso della chiesa il tatuaggio elettrico
le sue unghie sul tuo collo
le sue zampe sul tuo ventre
il segnale violetto
il tornasole che vira fino al bianco
fino al grido fino al basta
il girasole che gira come un ahi scorticato
la sigla del senza-nome lungo la tua pelle
dappertutto il grido che acceca
l’ondata nera che copre il pensiero
la campana furiosa che rintocca sulla mia fronte
la campana di sangue nel mio petto
l’immagine che ride in cima alla torre
la parola che fa scoppiare le parole
l’immagine che incendia tutti i ponti
la fuggitiva a metà dell’abbraccio
la vagabonda che uccide i bambini
l’idiota la bugiarda l’incestuosa
la cerva inseguita
la mendicante profetica
la ragazza che nel mezzo della vita
mi sveglia e mi dice ricordati.


Dire: fare

I.

Tra ciò che vedo e dico,
tra ciò che dico e taccio,
tra ciò che taccio e sogno,
tra ciò che sogno e scordo,
la poesia.
Scivola
tra il sì e il no:
dice
ciò che taccio,
tace
ciò che dico,
sogna
ciò che scordo.
Non è un dire:
è un fare.
È un fare
che è un dire.
La poesia
si dice e si ode:
è reale.
E appena dico
è reale,
si dissipa.
È più reale, così?

II.

Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell’idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.


Due corpi

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte due onde
e la notte è oceano.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte due pietre
e la notte deserto.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte radici
nella notte intrecciate.

Due corpi, uno di fronte all’altro,
sono a volte coltelli
e la notte lampo.

Due corpi, uno di fronte all’altro
sono due stelle che cadono
in un cielo vuoto.

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