Un viaggio poetico che attraversa stagioni e momenti del giorno, esplorando il tema della morte come passaggio verso un’autenticità ritrovata. In quattro sezioni, introdotte da prose poetiche, l’autore ci guida in un cammino di rinascita e consapevolezza.
Di seguito un estratto:
Attraversiamo da soli
questi mondi in contrasto.
La gente passa e canta staccata
dietro di noi, senza
ricordarci. Ogni volta che
spezzo un ritmo mi
ritrovo a ricordare:
forse perché vorrei solamente
unire senza dover
guardare per forza dentro
i bulbi, analizzare d’istante
i sogni che tocco con mano
e mi causano allergie
estrinseche. Cerco di
dare corpo alle cose che
mi si avviluppano intorno
per poi cadere: non
posso afferrare, non
declinare o coniugare in
forme, non ora. Avviene
sempre una distrazione
che mi cinguetta sopra e
fa dubitare in ogni
punto distratto e distaccato,
quasi fosse un colore
lontano che mi ritorna.
Rimangono solo le cose solite
che possono accompagnarmi
fino a ricollegare, ancora,
quello che c’è.
Saltando dentro una sera
azzurra tra un solco
arancio ed un altro, che mi
sa di sangue, pensando
una morte. Rincorrono gli
altri le cose sulle luci d’una strada,
e ti trema rimbombando
lieve il cuore, che hai
ancora paura. La cosa
s’arrossa e svanisce,
e sai che passerà in
una vita incastrata
tra una sfumatura e l’altra.
Così me ne voglio
andare, finché c’è tempo.
E intanto il cielo è
passato e rimane solo
una spoglia di rosso, e
ti riporta gli occhi.
Lascerò che parli un silenzio.
Rimarrà l’esperienza, che
ci guarderà attraverso un
ricordo, per dircelo: la
morte si avvicina dentro
una vita, dopotutto. Era partito
un mattino a mezzogiorno e
il sole sembrò più
leggero, insieme al vento.
Mi ricordò un altro sole,
accanto a lui, quando eravamo
sulla soglia di casa e
sentivamo le parole, scambiandocele
in altre forme. Arrivare a
scorgere un pensiero
era difficile, così ti racconto:
c’era una lettera sotto un
piatto e si odoravano ricordi,
quando li sentivi sulle tue
corde, e narravi. Creasti un
mondo, riportandolo in vita a
chi non c’era stato, narrando
una storia e un filo.
Danzano sui bordi degli
spigoli, danzano: li vedi?
Ci riportano dentro insieme
nel canale del tempo che
è scorso tra qualche crepa
ingiallita, e ti vedo:
un bambino seduto sul
tetto della casa, a guardare
le ali indurite sbattersi in
cielo tra un colpo ed un altro,
in mezzo alle nuvole della
città vissuta dai tuoi piedi.
Li avresti narrati, quei voli,
alle mie orecchie impuntate sulle
tue rughe, mentre t’abbracciavo
prima d’una partenza, ancora.
Ora il narratore è partito
davvero e rimango qui
in attesa scorgendolo, bambino in
corsa, a mostrarmi un
racconto da vicino.
«Puoi proseguire».
«Come?».
«Col ricordo di una storia, toccandola
senza chiederti, mentre corre
lontano».
Su questa linea d’aria c’è una
città che ci ascolta,
senza chiedere.
Mi aggrappo con le
unghie al bordo del mondo
senza guardare, sperando cada
da sopra l’acqua a bagnarmi
di nuovo i capelli. Questa città
è piena di storpi, e si
cammina a stento in mezzo:
voglio sbattere e scancrenare
le spalle sui pali attorno
ai miei organi spenti,
cercando di risolvere
e risolvermi, inseguendo le
scarpe degli altri solo per
fermarmi e guardarli voltare
l’angolo. Tu girati a dissolverti,
a tirarti il corpo addosso
un muro.
Cosa dobbiamo fare di noi
stessi dopo quell’ombra?
Verità è che mi guardo in
faccia e mi ribadisco: un
giorno recupererò il mio tempo.
Leggerei quasi un orfico che
m’abbaglia la testa. È bello
vedere queste immagini che
si rinfrangono tra i fiori e
l’erba, attraverso il vetro
che separa i miei occhi
che hanno male. Oh,
perché gli angoli di
cielo mi si chiudono
davanti le palpebre?
Era strano: sentire di nuovo
il bel tempo dopo così
tanto passato a tentare,
nel mondo, un solco
più pulito e sincero.
Era strano, ritrovarsi
di nuovo qui, ritrovare
i propri avverbi di
luogo che mi riportano
ancora lì, nel mio posto.
L’AUTORE
Paolo Andrea Pasquetti (Roma, 1995) è laureato in Lettere Moderne all’Università di Roma La Sapienza con una tesi in filologia e critica dantesca e in Filologia Moderna, presso la stessa, con una tesi di letteratura e lingua latina su una comparazione letteraria tra Ovidio e Tolkien per la quale, nel 2023, è stato premiato come laureato eccellente Sapienza del suo anno accademico. Vive e insegna come docente di lettere nella scuola secondaria a Rieti. Nel 2020 vince il concorso “Libera i tuoi versi – Abbracci poetici” con la poesia Le campane che dissolvono il suono. Dal 2021 cura il progetto di divulgazione Radura Poetica, del quale è creatore e direttore, presente sul web e sulle principali piattaforme social. Nel 2023 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Canti del ritorno (AttraVerso Edizioni).