Nasceva oggi

Nasceva oggi Les Murray | L’Altrove

Les (Leslie Allan) Murray è considerato ancora oggi il principale poeta australiano della sua generazione.
Crebbe in povertà nella fattoria dei suoi nonni a Bunyah, nel Nuovo Galles del Sud, un distretto in cui tornò con la sua famiglia nel 1985. Ricevette numerosi riconoscimenti per la sua poesia e spesso venne definito il “Bush-bard” australiano. Le numerose raccolte di poesie di Murray includono The Ilex Tree (con Geoff Lehmann, 1965) e Dog Fox Field (1990), entrambi vincitori del Premio Grace Levin per la poesia; Subhuman Redneck Poems (1996), vincitore del Premio TS Eliot per la poesia e della UK Poetry Society Choice; Conscious and Verbal (2001); Poems the Size of Photographs (2002); Taller When Prone (2011); New Selected Poems (2014); e Collected Poems (2018). Fu anche l’autore di Killing the Black Dog: A Memoir of Depression (2011). Il National Trust of Australia lo nominò uno dei 100 tesori viventi australiani.

I soggetti ricorrenti nel lavoro di Murray sono la storia e il paesaggio dell’Australia, i coloni bianchi, la vita indigena, la famiglia e il paesaggio rurale. Le sue poesie vanno dal polemico e dai giochi di parole al lirico e al mitico. Le sue opere sono piene di immagini volte ad interpretare l’anima australiana, ma la bravura del poeta sta nell’interpretare non solo il paesaggio ma soprattutto la rabbia.
È sapiente anche un uso originale e straordinario di diverse forme metriche, dal sonetto, al verso libero, dalla poesia più narrativa a quella comica e satirica. Accompagna questa orchestrazione un potere sul lessico inglese e sulla sua fonetica, che ancora sottolineano il valore della sua poesia e della ricerca poetica.
Per usare ancora le parole di Brodskij, “È grazie a Murray, semplicemente, che la lingua vive”.

Chiesa
in memoria di Joseph Brodskij

Il desiderio di essere giusti
ha perlopiù tagliato la corda
ma alcuni vengono a Dio
nella speranza di essere sbagliati.

Alto sulla parete di fondo pende
il Vangelo, da prima che fosse libri.
Tutti i giudizi hanno fine in lui,
tutti, compreso il suo.

È sorto da una evoluzione
giudea, non inglese,
e ha detto che la luce che innalzava
sopra tutte le nazioni era giudea.

La libertà divora ancora libertà,
giustizia divora giustizia, amore –
perfino amore. Un uomo ritardato ha detto
la chiesa mi fa venir voglia di essere cattivo,

ma nudo in una trincea di fango
con mille e mille altri, qualcuno sta dicendo
il vero dio dà la sua carne e il suo sangue.
Gli idoli a te chiedono il tuo.

Nel 2003, il poeta australiano Peter Porter , recensendo New Collected Poems, fa una valutazione paradossale in qualche modo simile di Murray: “Un filo di polemica attraversa il suo lavoro. La sua brillante manipolazione del linguaggio, la sua capacità di trasformare le parole in installazioni di realtà, è spesso costretta ad aggrapparsi a un’imbarazzante acutezza morale. Le parti che amiamo – il barocco alla Donne – lato vivo accanto a sentimenti che non abbiamo: la sua opposizione sempre più automatica al liberalismo e all’intellettualismo”.

In un’intervista alla BBC del 1998, Les Murray spiegò che la sua composizione di poesie avviene in trance: “È un’integrazione del corpo-mente, della mente sognante e della mente cosciente della luce del giorno”.

Il lavoro di Murray è tradotto in più di dieci lingue e gli fu assegnata la medaglia d’oro dell’Australian Literature Society e la medaglia d’oro della regina per la poesia. In Italia è stato pubblicato dalla Casa Editrice Adelphi (Un arcobaleno perfettamente normale) e da Giano Editore (Lettere dalla Beozia. Scritti sull’Australia e la poesia), ma prima ancora è stato possibile leggere i suoi versi grazie all’antologia Poesia australiana moderna, Da Slessor a Dransford. Mito Società Individuo (Edizioni Accademia, 1977).

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Nel 1996 Murray soffrì di un’infezione al fegato; quando si svegliò dopo tre settimane di coma, la stampa riferì che era di nuovo “cosciente e verbale”, una condizione che ispirò il titolo della sua raccolta di poesie del 2001.

Les Murray morì nel 2019 all’età di 80 anni.

Da Un arcobaleno perfettamente normale:

La voce circola da Repins,
se ne sussurra da Lorenzinis,
al Tattersalls alzano gli occhi da paginate di numeri,
i lavagnisti della Borsa dimenticano il gesso che hanno in mano
e c’è chi lascia il Club Greco con le tasche piene di pane:
un tizio sta piangendo a Martin Place. Non cè verso di farlo smettere.

In George Street il traffico è bloccato per un chilometro o quasi,
paralizzato. La folla discute nervosa e altra ne sta arrivando.
Tanti accorrono per strade secondarie additando:
c’è un tizio laggiù che piange. Non si riesce a farlo smettere.

L’uomo che circondiamo, l’uomo a cui nessuno si avvicina
piange soltanto, senza nasconderlo, piange
non come un bimbo, o come il vento, ma come un uomo,
e non è un esibizionista, né si batte il petto, e nemmeno
singhiozza sonoramente, eppure la dignità di quel pianto
ci tiene indietro dal vuoto che nella luce meridiana
fa intorno a sé, nel suo pentagramma di dolore,
e tra la folla le divise che hanno provato ad arrestarlo
stanno a guardarlo e si sentono dentro, stupite,
una voglia di lacrime come d’arcobaleno i bambini.

Negli anni a venire diranno alcuni che un alone
o una forza lo avvolgeva. Non è vero.
Alcuni diranno che erano scandalizzati
e l’avrebbero fatto smettere
ma saranno quelli che non c’erano.

Tra noi la virilità più fiera, il più coriaceo riserbo, l’arguzia più pronta
trema in silenzio e arde d’inattese illuminazioni di pace.
Nella ressa strillano certi che si credevano felici.
Solo i pargoli e quelli che guardano dal Paradiso
gli vengono vicino
e siedono ai suoi piedi, tra cani e piccioni polverosi.

Ridicolo! fa uno vicino a me, e si tappa
la bocca con le mani, come se stesse vomitando.
E vedo una donna, splendente, stendere la mano
e tremare nel ricevere il dono del pianto;
lo ricevono anche quanti la seguono
e molti piangono solo per averlo accettato, e i più
si rifiutano di piangere per paura di accettare qualcosa,
ma l’uomo che piange, come la terra, non ha bisogno di nulla,
l’uomo che piange ci ignora e
dal viso stravolto, dal suo corpo ordinario grida
non parole, ma pena, non messaggi, ma dolore,
duro come la terra, puro, presente come il mare,
e quando smette, s’avvia in mezzo a noi semplicemente,
asciugandosi il viso con la dignità d’uno che ha pianto,
e ora ha finito di piangere.

Eludendo i credenti, si affretta giù per Pitt Street.


 

Prima dell’alba, in buona salute

Fuori le stelle filtrano da un’albero
nell’era silenziosa della luna.

Strato su strato la realtà si sta muovendo
come sfere di cristallo ora chiamate leggi.

Il futuro è proprio dietro la tua testa;
appena sopra tutti gli orizzonti, il passato.

L’anima siede guardandone l’offerta.

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