Riscoprire i poeti

Ecco perché leggere “The Lice” di W. S. Merwin è necessario oggi | L’Altrove

The Lice (I Pidocchi), la sesta e forse la più iconica raccolta di poesie di W.S. Merwin, è stata pubblicata nel 1967, al culmine della guerra del Vietnam. Quando il libro è apparso per la prima volta, alcuni lettori hanno rabbrividito: la sua confluenza di mitologia e brutta realtà fisica ha colpito un nervo scoperto con un mondo scosso dal punto di vista politico e ambientale fino al midollo. Il libro “ha catturato perfettamente la peculiare agonia spirituale del nostro tempo”, ha scritto Laurence Lieberman su The Yale Review.

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Si tratta di poesie cariche di incertezza, scritte in un mondo sull’orlo del tracollo ambientale e dilaniato dai tiranni. Eppure ciò che continua ad attirare poeti e lettori a The Lice non è in definitiva il suo contenuto, ma la sua forma. L’opera è rilevante dal punto di vista politico e ambientale, ma, cosa ancora più importante, è esteticamente rivelatrice. Abbiamo bisogno di The Lice ora, non perché sia una registrazione di un tempo e un luogo specifici, ma perché ci offre un modo per vivere in un mondo disfunzionale.
Nel 1967, Merwin non viveva negli Stati Uniti: diversi anni prima si era trasferito in una fattoria nel sud della Francia, dove scrisse la maggior parte delle poesie contenute in The Lice. Sebbene fosse stato rimosso dalla politica statunitense, era profondamente commosso e inquieto dalle notizie e da ciò a cui assisteva da lontano. La distanza gli diede una prospettiva, ma lo altresì disturbò, e questa combinazione di isolamento e immersione portò a un cambiamento radicale nel suo lavoro.

Merwin iniziò la sua carriera profondamente immerso nella poesia canonica. I suoi primi quattro libri riflettono la sua formazione classica – sono lirici e attingono abilmente a influenze letterarie – ma nulla in essi è riconoscibile come particolarmente innovativo, né nella forma né nel contenuto.Dopo questi, la poesia di Merwin cambiò radicalmente. L’estetica di Merwin divenne etica. Con il suo quinto libro, The Moving Target, pubblicato poco prima di The Lice, iniziò a passare a uno stile sobrio e inquietante e alla fine della raccolta la punteggiatura era quasi estinta. Quando The Moving Target fu pubblicato nel 1963, i lettori si resero conto che stava emergendo un Merwin diverso. Merwin scoprì un modo diverso di essere politico nella poesia: la politica della capacità negativa.
La maggior parte delle sessantatré poesie sono brevi, alcune formate da poche frasi, riassumibili al genere del sonetto o di proverbi e haiku. Merwin spazia dal dolore (“For The Anniversary Of My Death”) al mito (“Unfinished Book of Kings”) alla natura (“The Dragonfly”) alla politica (“Cesar”), eppure ogni poesia intreccia il politico, l’ambientale e il personale. Il poeta è spesso un “io” o un “noi” spettrale, in bilico nel limbo tra una persona fisica e una voce onnisciente e divina. In The Lice, Merwin divenne Merwin.
Abbandona del tutto la punteggiatura, un gesto che segnerà la sua poesia per tutto il resto della sua carriera. Perdere la punteggiatura in The Lice consente a Merwin di allentare il rapporto tra senso e sintassi. L’interruzione di riga non è standardizzata: in alcuni è l’enjambed, in altri l’interruzione è un perno per una direzione diversa. Ma c’è abbastanza tessuto connettivo per contenere tutte le possibilità senza che il poema cada in una poltiglia ambigua, tuttavia non c’è una lettura definitiva; la mancanza di punteggiatura mantiene i lettori in perenne sospensione: un’instabilità stabile.

The Lice si distingue, per la sua terrificante preveggenza. Merwin non usa propaganda o eventi di attualità per promuoversi; piuttosto, immerge le poesie nella frattura del mondo dall’interno e da lontano. Poesie come “ The Asians Dying “ parlano dell’epoca in cui furono scritte ma con le preoccupazioni dei titoli di oggi.
In poesie come quella, l’autore vuole che i lettori sentano la violenza, i lividi, subire la stessa tortura riservata agli asiatici.
L’aspetto più spaventoso di The Lice è la sua brutale ciclicità. Abbiamo già sentito questi lividi, li abbiamo sentiti scomparire e poi siamo stati di nuovo attaccati.
The Lice prefigura il nostro clima politico attuale, come se Merwin stesse in qualche modo riflettendo sul futuro. “Cesare” si conclude con un’immagine orribile di un dittatore che è sia tiranno che burattino. The Lice è anche profetico nel suo ambientalismo e nei suoi avvertimenti sulla distruzione umana del pianeta. Merwin attiva una connessione profonda e inquietante tra la forza militare e la rottura ambientale. The Lice risuona oggi non per ciò di cui parla, ma per come esprime il mondo. Merwin è allo stesso tempo appena al di sopra e profondamente all’interno della situazione: il poeta ha la prospettiva di un dio onnisciente, ma ogni sensazione è visceralmente vissuta. Tutto è interconnesso, ma questo accresce, anziché confondere, le sensazioni. Oggi, nel mezzo di crisi politiche, ambientali e umanitarie, poeti e lettori trovano in W. S. Merwin e nella sua poesia una voce per un’urgenza che è diventata negli anni più forte e disperata.

Incredibilimente mai tradotto in Italia, la poesia del due volte Premio Pulitzer rivive e si intensifica in L’essenziale, pubblicata da poco da Ubiliber, nella traduzione di Chandra Livia Candiani. Una raccolta per evolversi con il poeta, per riscorpirne l’essenza, in una costante connessione con gli altri e con la propria individualità.

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