L’antologia curata da Andrea Sirotti e Sabrina Foschini per l’editore Le Lettere si configura come un’operazione culturale di notevole spessore teorico e metodologico, situandosi all’intersezione tra studi di genere, antropologia letteraria e critica psicoanalitica. Il petalo e la spina. La fiaba nella poesia femminile costituisce un corpus di poesia femminile contemporanea organizzato attorno al tema della fiaba classica, con particolare attenzione al canone dei fratelli Grimm e incursioni nella tradizione francese e anderseniana.
La scelta curatoriale di privilegiare la dimensione fiabesca come chiave ermeneutica per l’interpretazione della poesia femminile contemporanea si inserisce in una lunga tradizione di studi che, da Propp a Bettelheim, da Jung a Bachelard, ha riconosciuto nella fiaba non meramente un genere letterario minore, ma un sistema simbolico complesso e stratificato. La fiaba viene qui intesa come “racconto archetipico o viaggio iniziatico” e “modello all’origine della letteratura universale”, configurandosi come matrice generativa dell’immaginario collettivo e, conseguentemente, del discorso poetico.
Il titolo stesso dell’antologia, Il petalo e la spina, evoca una dialettica di opposti che trascende la mera dimensione estetica per assumere valenze ontologiche: la delicatezza vulnerabile del petalo si contrappone alla violenza protettiva della spina, suggerendo quella tensione tra fragilità e resistenza, tra bellezza e dolore, che caratterizza tanto l’universo fiabesco quanto l’esperienza femminile contemporanea. Questa bipolarità semantica si riflette nella struttura stessa dell’antologia, che presenta un corpus di “fiabe adulte, violente e sensuali” dove “sotto le spoglie di streghe e animali, si travestono i protagonisti di fondamentali tappe e relazioni umane”.
Dal punto di vista del canone, l’antologia si distingue per la calibrata selezione di voci che spaziano dall’ambito anglosassone a quello italiano, creando un dialogo transculturale di particolare interesse critico. La presenza di autrici come Anne Sexton, Sylvia Plath, Carol Ann Duffy, Olga Broumas e Margaret Atwood accanto alle italiane Alda Merini, Elisa Biagini, Laura Fusco e Paola Turroni testimonia la volontà di costruire una mappa poetica che superi i confini nazionali per abbracciare una dimensione più propriamente universale del femminile.
La metodologia critica sottesa all’operazione curatoriale si fonda su un approccio interdisciplinare che riconosce nella fiaba un territorio di convergenza tra diverse discipline umanistiche. Le fiabe, definite come “territorio del magico e dell’inconscio”, vengono riconosciute come “modello esperienziale alle teorie di linguisti, psicologi, sociologi e antropologi”. Questa prospettiva metodologica permette di leggere la riscrittura poetica della fiaba non come mera operazione parodica o nostalgica, ma come processo di attualizzazione e risemantizzazione di strutture narrative e simboliche archetipiche.
La specificità dell’approccio femminile alla materia fiabesca emerge con particolare evidenza nella capacità di decostruire e ricostruire gli archetipi tradizionali, sottoponendoli a un processo di revisione critica che ne rivela le implicazioni ideologiche e di genere. L’innesto di “contenuti viscerali, di potenti drammi e passioni quotidiane” sull’ambiente fiabesco configura una strategia poetica che utilizza la familiarità del repertorio favolistico per veicolare contenuti di rottura e di denuncia.
L’antologia si presenta quindi come un contributo significativo al dibattito contemporaneo sulla riscrittura dei miti e delle fiabe in chiave femminile, offrendo uno strumento critico indispensabile per comprendere le modalità attraverso cui la poesia femminile contemporanea si confronta con l’eredità del passato, trasformandola in strumento di conoscenza e di liberazione. La seguente intervista con i curatori intende approfondire le premesse teoriche e le scelte metodologiche che hanno guidato questa importante operazione culturale.
Abbiamo avuto il privilegio di confrontarci con la co-curatrice Sabrina Foschini per approfondire le peculiarità della raccolta. Ecco la nostra intervista:
È un vero piacere. Qual è stata la scintilla iniziale che ha dato origine a Il petalo e la spina? L’idea nasce da una lunga riflessione personale sulla fiaba nella poesia femminile o da un’urgenza editoriale condivisa? E quanto ha inciso il dialogo con Andrea Sirotti nella forma finale dell’antologia?
L’inesauribile tradizione della fiaba mi ha sempre accompagnata, come bacino di alta fantasia, tradizione, matrice poetica potente, capace di permeare le mie parole. Sono anche una collezionista di libri per l’infanzia, ma tralasciando il dato personale credo fermamente che la fiaba sia l’atto primo della letteratura, la porta d’ingresso, per qualsiasi bambino a questo mondo. L’idea è molto lontana ed è nata durante il lockdown, in un periodo di sospensione che potrebbe paragonarsi al sonno prodigioso e drammatico di Rosaspina. Sentivo la necessità di contrapporre la bellezza all’immobilità e al dramma di quel momento e ho cominciato a raccogliere in rete, poesie legate alle fiabe, in vista di una futura antologia. La maggior parte però era in lingua inglese e avevo bisogno della competenza cristallina sulla materia di Andrea, anglista raffinato che da sempre, nel suo percorso di traduttore, ha prediletto la poesia delle donne. Durante la nostra lunga amicizia ci siamo sempre confrontati sulle autrici amate e il viaggio da fare era così incerto e periglioso che non mi sentivo di affrontarlo da sola. Devo ammettere di averlo un po’ tirato per la giacca, dato che eravamo entrambi abbattuti dalla situazione e con difficoltà quotidiane, ma poi la qualità dei testi più del tema, lo ha convinto a intraprendere l’impresa. In principio non avevamo pensato di circoscrivere la scelta al genere femminile, ma poi la sproporzione tra uomini e donne era talmente soverchiante che abbiamo deciso di escludere i primi. Anche la struttura del libro, con i capitoli rappresentati da ogni singola fiaba e l’opera delle autrici frammentata, è nata quasi subito dal nostro confronto a distanza. In questo non ci ha guidato alcuna direttiva editoriale, dato che non avevamo ancora un contatto e il lavoro di gestazione, tra ricerca e traduzione è stato lungo.
Il titolo dell’antologia – Il petalo e la spina – evoca l’universo della fiaba. Questa scelta lessicale sembra condensare la dialettica tra bellezza e dolore, innocenza e pericolo che attraversa tutto il genere fiabesco. Com’è nato questo titolo? Può spiegarci come questa polarità simbolica riflette la specificità dell’approccio femminile alla riscrittura poetica della fiaba?
Eros e Thanatos sono sposi promessi nella fiaba, così come la contrapposizione di bellezza e mostruosità, bene e male e tutti gli opposti che attengono al mito, di cui come ho scritto, la fiaba è una parente prossima. Nei diversi racconti un archetipo potente è quello della rosa, che dà il nome a dei personaggi come Rosaspina oppure Rosabianca e Rosarossa, che diventa una trappola per Bella, o per la stessa Bella Addormentata, ma soprattutto che contiene in un unico fiore la metafora di sensualità, profumo e bellezza del petalo e quella di ferita o graffio, della spina. Il sangue simboleggiato dal rovo è un elemento chiave delle mani, in Biancaneve, Barbablu, in quelle mozzate della Fanciulla, o scorticate di Elisa nei Cigni Selvatici, ma è soprattutto un simbolo di maturità mestruale in Cappuccetto Rosso, in assoluto la fiaba più frequentata dalle poete. Piacere e dolore, contrappunto ideale di sensi e sessualità abitano da sempre la poesia femminile così apertamente e sinceramente legata alla verità del corpo.
Nell’antologia privilegiate autrici che hanno saputo “calarsi con maggiore forza e lucidità” nella materia fiabesca. Può spiegarci quale metodologia critica ha guidato la selezione di voci così diverse come Anne Sexton e Alda Merini? Cosa rende una rilettura poetica della fiaba più ‘lucida’ di un’altra?”
Il noto lavoro di Sexton sulla fiaba in Transformations, è stato certamente un modello per l’antologia, non in senso stilistico, perché non lo reputo il suo esito più alto, ma per la coraggiosa e originaria opera di spoliazione degli archetipi, di una tradizione letteraria imprescindibile, declinata nel tempo contemporaneo. La grande diversità di stile, da star della poesia come Sexton, Merini, Atwood, Duffy… ad autrici meno note o inedite in italiano, non ha mai costituito un problema, ma è servita a restituire il senso della pluralità di visione, rispetto a un’esperienza comune e vorrei dire universale. Abbiamo seguito il criterio della qualità letteraria che è a nostro avviso molto alta e quello di una scelta tematica non accessoria, occasionale e banalizzante, ma capace di aprire nuove finestre di comprensione psicologica, simbolica e sentimentale sull’universo fiabesco. C’erano poi alcune poete, legate da amicizia e stima, di cui conoscevamo la ricerca già intrapresa su questo argomento come Mia Lecomte, Francesca Matteoni ed Elisa Biagini, che hanno costituito un nucleo prezioso.
Lei parla di “fiabe adulte, violente e sensuali” in cui si travestono “protagonisti di fondamentali tappe e relazioni umane”. Come si articola il rapporto tra la dimensione archetipica della fiaba e l’urgenza espressiva della poesia contemporanea?
Di questo snodo simbolico, psicologico e antropologico, da un secolo a questa parte ne hanno parlato ampiamente saggisti, filosofe e interpreti della fiaba a cui sarebbe quasi impossibile aggiungere altro. Il petalo e la spina ha confermato, se ce ne fosse stato bisogno, che la fiaba è uno dei bacini privilegiati della nostra identità culturale, a cui attingere temi fondamentali di un percorso vitale. Tutte le relazioni umane e le contraddizioni che le complicano sono contenute nei racconti, dal rapporto genitori e figli, o fratello e sorella, amanti e sposi, al sentimento di amicizia, gelosia, amore, sacrificio, altruismo, devozione, odio o seduzione. Violenza e sesso scendono in campo senza edulcorazione, con contenuti a tinte forti. La poesia delle donne si lega quasi per vocazione ai cicli temporali e biologici del corpo, per la tendenza femminile di non disgiungere anima e carne ma di farle risuonare all’unisono.
Anche il rapporto tra fiabesco e riscrittura femminista è centrale nella raccolta. Crede che oggi esista ancora una tensione tra l’appropriazione femminile della fiaba e la sua origine patriarcale? Come l’avete affrontata nella curatela?
Sicuramente la tematica femminista è fondante nell’antologia, avendo scelto autrici che affrontano i temi principali dell’educazione sentimentale, relazionale ed esperienziale dell’individuo, mediata da una memoria culturale centenaria. Per quanto riguarda l’origine patriarcale della fiaba, non la consideo tale, poiché nasce da una tradizione orale che ignoriamo. Certo le trascrizioni più famose sono state pubblicate da uomini, a cominciare dal nostro Basile per proseguire con Perrault, i fratelli Grimm o Andersen ma non dimentichiamo che la prima autrice di fiabe è stata Madame D’Aulnoy nel 1690. Inoltre, tralasciando le favoliste tra sei e settecento delle corti francesi, credo che la fiaba occidentale, dalle sue origini ai nostri ricordi d’infanzia, si muova su una linea strettamente matriarcale. Le grandi narratrici sono sempre state le madri e le nonne, a cui tradizionalmente si attribuiscono questi meravigliosi racconti, senza contare il fatto che le protagoniste principali delle fiabe più famose ed amate siano donne. Che si tratti di Biancaneve, Cenerentola, Rosaspina, Raperonzolo, Cappuccetto ecc. questa predilizione antistorica, diventa illuminante sulla loro possibile e remota genesi. Noto solamente ora, rispondendo alla domanda, che anche le fiabe scelte per i nostri singoli capitoli presentano tutte un’eroina al femminile e dove il titolo unisce due fratelli (Hänsel e Gretel o Fratellino e sorellina), il bambino riveste il ruolo di comprimario. È innegabile che le fiabe occidentali, nascendo formalmente nel seicento, rispecchino una società patriarcale, ma essendo contraria a qualsiasi forma di revisionismo storico, soprattutto in ambito artistico, non ne sono affatto indignata. Rimandando ancora una volta al capillare lavoro di decifrazione e svelamento dei simboli e degli archetipi, fatto dagli esegeti, mi limito a notare come le fanciulle fiabesche abbiano quasi sempre l’ardire di trasgredire gli ordini, fuggire e travestirsi, sfidare le convenzioni e risolvere con l’ingegno i problemi che le ostacolano. Il fatto poi di essere stati un curatore e una curatrice a muoverci sulla stessa materia, ci ha messo al riparo da una possibile visione settaria del tema e dalla cattiva abitudine di far confliggere i generi come avversari.
Queste “rielaborazioni” poetiche della fiaba si rivolgono a un lettore che conosce già i testi di partenza o creano un universo autonomo? In altre parole, quanto è necessaria la competenza fiabesca per la piena fruizione di questi testi poetici?
Certo la conoscenza del racconto aiuta la comprensione, così come lo farebbe la conoscenza dei fatti in un poema storico. Non si può negare però che le poesie abbiano una bellezza propria, nel linguaggio, nella musicalità e nello scardinamento concettuale che hanno saputo operare, aggiungendo il pensiero, la critica, la motivazione e l’esperienza personale, fieramente contemporanea al modello tradizionale. Avevamo anche pensato, nel definire la struttura del libro, di aggiungere una breve sinossi della fiaba, ma considerando che per la maggior parte, quale patrimonio di una sapienza popolare, sarebbe stato superfluo e che un riassunto del testo si può facilmente trovare in poche righe, abbiamo desistito. La poesia ha sempre molti livelli di lettura, dalla corolla al pistillo, ma conosco tanti testi contemporanei su argomenti correnti, più criptici di questi.
Il corpus include poete di lingue diverse, con una prevalenza dell’inglese. Quali sono stati i criteri linguistici, geografici o ideologici nella composizione dell’antologia? E quanto è mancata, eventualmente, una maggiore presenza di voci da altre aree culturali?
L’antologia non è certo esaustiva. Nella scelta delle lingue ci siamo limitati all’italiano e all’inglese per la maggioranza dei testi reperibili, ma anche per la nostra possibilità di darne una traduzione rispettosa e lusinghiera. Se avessimo esteso il campo ad altre aree culturali, non saremmo stati in grado di restituire a tutti la bellezza dell’originale. Alcune autrici erano state in precedenza già tradotte da Andrea mentre le nostre versioni condivise, hanno affrontato poesie finora inedite in italiano e questo crediamo sia un valore aggiunto del libro, anche se sarebbe davvero esaltante, poter fare una ricognizione europea o mondiale della fiaba in poesia.
Lei è anche autrice delle poesie presenti nell’antologia. In che modo il doppio ruolo di curatrice e poeta ha influenzato il suo sguardo? È stato difficile tenere distinti i due piani o ha scelto deliberatamente di sovrapporli?
Ho scelto di pubblicare una mia sola poesia, scritta in precedenza, proprio per tenere distinti i due ruoli e non cadere nell’accusa di promuovere me stessa. Del resto non volevo nemmeno disconoscere la mia natura e tenermi fuori dal cerchio. Nei lunghi anni di scelta, revisione, traduzione e poi finalmente con l’aiuto dell’editore “Le Lettere” (che ha generosamente sposato un progetto molto complesso), di contatti, richieste di diritti ecc. avrei potuto scrivere una poesia per ogni sezione, ma ho voluto tenere fede a ciò che nasce dall’esigenza. Il lavoro di curatrice è molto più complesso di quello d’autrice e ci pone a servizio dell’altro, ma nella traduzione c’è un innegabile aspetto creativo che lascia nel linguaggio, le tracce di uno stile personale. Collaborando a quattro mani nelle versioni italiane, Andrea e io abbiamo dovuto trovare un ulteriore compromesso che rispettasse e fondesse la visione di entrambi, e fosse capace di dare potenza o rilievo a tutte le voci che abbiamo, con amore e fatica ospitato in questo libro.
Un breve estratto:
Una Cenerentola cubana
traduzione di Sabrina Foschini e Andrea Sirotti
C’era una volta e non c’era, una matrigna gelosa
la cui bellissima figliastra aveva trovato un cavallo volante.
La ragazza fuggì dalla sua triste casa volando via sul magico destriero.
All’improvviso, la sua vita divenne colma di magia.
Lanciò un bastone, e si tramutò in un albero.
Lanciò una tazza, e diventò un oceano.
La crudele matrigna cadde nell’oceano magico e scomparve.
Ben presto, la ragazza incontrò un principe.
Insieme, s’involarono sul cavallo magico.
Stanno ancora volando.
Ecco, la storia è finita.
Di Margherita Engle
Raperonzolo
Preziosa per me.
Non devi avere luce
alcuna solo eco
permettermi il possesso.
Puoi fare solo nodi,
incassata alla vista,
non incastonata
nel mondo.
Di Sabrina Bellini
Sirenette
Tu non sei una donna.
Tu non sei.
Metà lucciola, metà sirena.
Non sei la bella addormentata
né cenerentola.
I paesaggi che abiti
sono stati narrati per superstizione,
per allestire l’entrata dell’orco e
abbellire i miti delle paure
fondanti.
Ma la tua aura arco balena
rosa e nera, viola,
cangiante cremisi,
si libra sibillina
sapendo di avere un potere
irriducibile.
Tu che non sei e perciò sei
diffusamente:
puoi torcere il finale,
strappare i veli,
condurre i ribelli e sfilare le parole
dal vestito della mente
Di Francisca Paz Rojas