La figura di Thomas Hardy, tradizionalmente nota per il contributo monumentale alla narrativa vittoriana, ha ricevuto un rinnovato interesse critico per la sua produzione poetica, sviluppata principalmente nella seconda metà della sua carriera. Se i romanzi di Hardy — Tess of the d’Urbervilles, Jude the Obscure, Far from the Madding Crowd — sono ampiamente studiati per la loro forza narrativa e tensione sociale, la sua opera poetica, sorprendentemente vasta e coerente, rappresenta una delle espressioni più complesse del pensiero tardo-vittoriano, caratterizzato da una visione del mondo radicalmente segnata dal pessimismo, dalla disillusione esistenziale e dalla riflessione tragica sulla condizione umana. Questo saggio intende offrire un’esplorazione sistematica della vita e dell’opera poetica di Hardy, alla luce delle due fonti messe a disposizione, con l’obiettivo di riconsiderare la sua posizione all’interno del canone della poesia inglese.
Una biografia per immagini
poetiche
Nato il 2 giugno 1840 a Higher Bockhampton, nel Dorset, Thomas Hardy crebbe in una famiglia modesta ma culturalmente viva: suo padre era muratore e violinista, mentre la madre, Jemima, possedeva un’intelligenza vivace e un gusto letterario che influenzò profondamente il figlio. Hardy fu avviato alla carriera di architetto, e studiò a Londra prima di rientrare nel Dorset, terra che divenne topografia reale e simbolica della sua opera letteraria: il Wessex, spazio narrativo e poetico in cui si muovono i suoi personaggi e si dispiega la sua visione tragica della storia e del destino.
Pur avendo cominciato a scrivere versi fin dalla giovinezza, Hardy pubblicò il suo primo volume poetico, Wessex Poems, soltanto nel 1898, quando aveva 58 anni. Questa apparente tardività poetica fu conseguenza della delusione ricevuta dalle aspre critiche ai suoi ultimi romanzi, in particolare Jude the Obscure (1895), che fu accolto con scandalo per la sua rappresentazione del fallimento matrimoniale e della condizione femminile. Decise così di abbandonare la narrativa per dedicarsi interamente alla poesia: una scelta che gli permise di esprimere con maggiore libertà una visione metafisica, filosofica e tragica dell’esistenza.
Morì l’11 gennaio 1928 a Max Gate, Dorchester. Il suo corpo fu sepolto nel Poets’ Corner dell’Abbazia di Westminster, ma, su sua richiesta, il cuore fu sepolto a Stinsford, accanto alla prima moglie, Emma Lavinia Gifford, la cui memoria permea molti dei suoi componimenti più intensi.
Un corpus poetico monumentale
Contrariamente alla percezione diffusa secondo cui Hardy fu un poeta “tardo”, la sua produzione è ampia e articolata. Dopo Wessex Poems (1898), pubblicò numerose raccolte, tra cui Poems of the Past and the Present (1901), Time’s Laughingstocks (1909), Satires of Circumstance (1914), Moments of Vision (1917) e Human Shows (1925). Nel 1912, alla morte di Emma, compose la straordinaria sequenza Poems 1912–13, considerata tra le sue vette liriche.
Nel complesso, Hardy scrisse più di mille poesie, esplorando una gamma tematica e tonale che spazia dall’elegia all’ironia, dalla riflessione storica al bozzetto paesaggistico, dal canto d’amore all’invettiva contro la guerra.
Visione del mondo: la poetica del tragico
Il centro ideologico della poesia di Hardy è una concezione radicalmente tragica dell’esistenza, ispirata da un senso di determinismo immanente, simile a quello di Schopenhauer. La vita umana è soggetta a una volontà cieca, impersonale e spesso crudele, priva di giustificazione teologica o morale. In Hardy non si trova un Dio cristiano misericordioso, né una provvidenza razionale. L’universo, per Hardy, è dominato da una forza cosmica che agisce indifferentemente al bene e al male.
Questo si esprime emblematicamente in componimenti come Hap, dove il poeta desidererebbe un dio vendicatore che lo colpisca con intenzione — sarebbe, paradossalmente, un sollievo rispetto al puro caso che regola la sofferenza. In Channel Firing (1914), l’ironia apocalittica con cui i morti percepiscono i cannoneggiamenti come il giorno del giudizio, solo per scoprire che la guerra è ancora opera dei vivi, rivela la futilità delle imprese umane e la ripetizione storica della violenza.
Fuoco nel canale
Quella notte i vostri grandi cannoni, all’improvviso,
scossero tutte le nostre bare laggiù,
e infransero le vetrate del presbiterio:
pensammo fosse il Giudizio, laggiù,
e ci sedemmo dritti. E intanto, mesto,
s’alzava l’ululato dei cani ridestati:
il topo lasciò cadere la briciola d’altare,
i vermi si ritrassero nelle zolle smosse,
la vacca del gleba sbavò. Finché Dio disse: “No;
è solo esercitazione d’artiglieria in mare,
esattamente com’era prima che scendeste sotto;
il mondo è ancora quello di prima:
“Tutte le nazioni lottano per rendere
la guerra rossa ancora più rossa. Pazzi furiosi,
non fanno più per amor di Cristo
di quanto faceste voi, impotenti a tali cose.
“Che questa non sia l’ora del giudizio
è per alcuni una vera fortuna,
perché altrimenti dovrebbero grattare
i pavimenti dell’inferno, da tanto che minacciano…
“Ah ah. Sarà più caldo il giorno
in cui suonerò la tromba (se mai
lo farò davvero; siete uomini,
e avete gran bisogno di eterno riposo).”
Così ci stendemmo di nuovo. “Mi chiedo,”
disse uno, “se il mondo sarà mai più saggio
di quando Egli ci mandò giù
nel nostro secolo indifferente!”
E più d’uno scheletro scosse la testa.
“Invece di predicare quarant’anni,”
disse il mio vicino, Parson Thirdly,
“avrei fatto meglio a tenermi pipa e birra.”
Ancora i cannoni turbarono l’ora,
ruggendo la loro voglia di vendetta,
fin nell’entroterra, sino a Stourton Tower,
Camelot, e Stonehenge sotto le stelle.
Natura e paesaggio: non conforto ma specchio dell’indifferenza
A differenza dei poeti romantici, per i quali la natura è spesso fonte di consolazione o elevazione spirituale, in Hardy il paesaggio è lo specchio dell’indifferenza cosmica. La campagna del Wessex è bellissima ma muta, assente, incapace di partecipare al dramma umano. In The Darkling Thrush, (Merlo nelle tenebre) il canto improvviso di un tordo in mezzo all’oscurità invernale solleva un barlume di speranza, ma il poeta dichiara apertamente di non riuscire a condividerlo: “So little cause for carolings / Of such ecstatic sound”. L’immagine diventa allegoria della distanza tra natura e sentimento umano.
Merlo nelle tenebre
Ero all’ingresso di un boschetto
in un Gelo spettrale
e l’occhio del giorno si spegneva
squallido fra scorie invernali.
La ramaglia dei rampicanti rigava il cielo
come corde di arpe rotte
e tutti gli umani di quelle parti
erano corsi al focolare.
Nelle aspre forme di quella terra sembrava
spuntasse la salma del Secolo,
il baldacchino di nubi come cripta,
il vento il suo rantolo mortale.
L’antico impulso di seme e nascita
si era ormai rinsecchito
e ogni spirito in terra
sembrava moscio, com’ero io.
All’improvviso ecco una voce
in alto fra i tetri ramoscelli
piena di vita in un vespro
di gioia sconfinata;
un vecchio, gracile merlo
arruffato dalla bufera,
si era deciso a buttare l’anima
sulle tenebre sempre più nere.
Nessun motivo di canto
in suoni tanto estatici
era scritto in terra nelle cose
lontane o appresso,
così pensai che vibrasse
nella sua lieta buonanotte
una speranza benedetta, a lui nota
e a me niente del tutto.
Tempo e memoria: l’elegia come struttura
La poesia di Hardy è attraversata da un movimento elegiaco profondo, soprattutto nei confronti della memoria personale e storica. Dopo la morte della moglie Emma nel 1912, Hardy compose una sequenza poetica di struggente intensità: Poems 1912–13. In questi versi la memoria si sovrappone al paesaggio — luoghi visitati insieme assumono un’aura spettrale — e la poesia diventa forma di esorcismo, strumento per ripercorrere, riarticolare e forse riconciliarsi con l’amore perduto. La presenza della morte non è solo lutto, ma interrogazione ontologica.
Questi componimenti, tra cui The Going, Your Last Drive, After a Journey, sono ritenuti dalla critica tra le più alte espressioni del dolore amoroso in lingua inglese. Il tono è intimo, diretto, privo di retorica: la tensione tra dolore personale e riflessione esistenziale li rende universali.
Stile, tecnica e sperimentazione
Hardy non aderisce ai modelli poetici dominanti del suo tempo. Mentre il tardo Ottocento si volgeva all’estetismo o alla mistica simbolista, Hardy mantiene una lingua concreta, narrativa, prosodicamente variata ma tendenzialmente conservatrice nella metrica. Tuttavia, l’effetto di modernità nasce dalla tensione tra forma e contenuto: la struttura regolare si scontra con un mondo privo di ordine e giustizia.
Il poeta impiega spesso l’ironia tragica, il monologo interiore, il dialogo drammatico. L’uso della voce narrativa, che ricorda la tecnica romanzesca, conferisce tridimensionalità ai soggetti lirici. Inoltre, l’ambientazione rurale e i dettagli realistici si fondono con simboli potenti: rovi, uccelli, sentieri, muri, oggetti domestici che diventano reliquie del vissuto.
Poesia e storia: l’orrore della guerra
Hardy è tra i pochi poeti del suo tempo ad aver affrontato la guerra non come epica patriottica ma come orrore cosmico. In The Man He Killed, il paradosso della fratellanza potenziale tra soldati nemici si esprime con chiarezza disarmante: “Yes; quaint and curious war is!”. In Drummer Hodge, la morte di un giovane soldato boero si tramuta in una riflessione sulla permanenza della terra straniera rispetto alla fugacità della vita.
L’uomo che ho ucciso
«Se lui e io ci fossimo incontrati
In qualche vecchia locanda,
ci saremmo seduti a bere insieme
ben più d’una caraffa abbondante!
Ma schierati in fanteria,
faccia a faccia, immobili,
ho sparato a lui come lui a me,
e l’ho steso lì, dov’era.
L’ho colpito a morte perché—
perché era il mio nemico,
già: il mio nemico, è ovvio che fosse;
abbastanza chiaro, sebbene…
Magari si era arruolato così,
di getto — proprio come me —
disoccupato, svenduti i ferri,
senza altro motivo, chissà.
Sì; è bizzarra e strana la guerra!
Spari a un poveraccio,
che avresti offerto da bere in un bar,
o aiutato con due soldi.
La sua poesia fu fondamentale per la generazione successiva, in particolare per i poeti della Prima Guerra Mondiale come Siegfried Sassoon, Wilfred Owen e Edward Thomas, che ne raccolsero l’eredità etica e stilistica.
Un poeta fuori dal tempo
Thomas Hardy non fu mai completamente vittoriano, né modernista. La sua poesia attraversa epoche e scuole senza potersi identificare con nessuna. Proprio questa condizione di marginalità e resistenza lo rende oggi una figura centrale: il suo realismo metafisico, la sua capacità di unire esperienza concreta e visione tragica, la sua attenzione per il dettaglio vissuto e la riflessione cosmica, fanno della sua opera un corpus insostituibile.
Il riconoscimento postumo del valore della sua poesia ha restituito a Hardy il posto che merita tra i grandi della letteratura inglese. Egli seppe trasformare in poesia un mondo in cui l’uomo è spesso solo, la natura è muta, Dio è assente, ma la parola poetica può ancora trovare forma, ritmo e verità.
TRThomas Hardy è una lettura di certo interessante. A dire il vero non conosco molto la produzione poetica.. Far from the ma adding xered