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Recensione: “La principessa guerriera” di Marina Cvetaeva | L’Altrove

La principessa guerriera di Marina Cvetaeva a cura di Marilena Rea (Sandro Teti Editore, 2020), ha il pregio esclusivo di essere un’opera poetica, nella prima traduzione in lingua italiana, in occasione della ricorrenza dei cento anni dalla sua composizione.

Marina Cvetaeva accoglie l’intento allegorico e morale della tradizione della fiaba russa, donando versi esiliati, tragicamente rivoluzionari, trascinando la simbologia di ogni parola immaginifica nella cultura popolare e folcloristica della sua terra. Un libro emotivamente toccante e violento, in cui la maestosa forza creativa dei versi concentra le struggenti ossessioni, la travolgente, dolorosa ed impietosa narrazione, l’orgogliosa e commossa disperazione.

La poesia di Marina Cvetaeva è lo sconvolgimento dell’anima squarciata, l’incendio nel cuore, il castigo tagliente dei sentimenti, la spietata e perpetua illusione. I versi frantumano e disgregano la cadenza di una lingua poetica teatralizzata, di altissima tensione emotiva. Tradurre la metafora del dolore, turbolento ed ostile, della poetessa significa riconoscere il suo spirito combattente, comprendere la difesa dei valori della lealtà, del coraggio e dell’onore delle proprie dichiarazioni esasperate, della ruvida e drammatica autenticità. La visione poetica è l’aurea magicamente seduttiva di un desiderio di amore che ha accompagnato il destino dell’autrice. Il canone espressivo della storia, nel suo ritmo incessante, filtra la rappresentazione del proprio tormento interiore attraverso una poesia pensante, densa d’insegnamenti, nell’eloquenza interpretativa e figurativa.
Il poema testimonia il suo indice surreale nutrendosi del sortilegio degli innamoramenti e della degenerazione dei costumi, mantenendo fede alla consapevolezza della propria sventurata precarietà, permette di analizzare i limiti dei sentimenti umani. L’esibita indipendenza intellettuale, il fascino per una leggendaria vitalità agguerrita in nome della vita e dell’amore sono i principi fondamentali che accordano il sentire con la tensione della rovinosa e testamentaria temerarietà del linguaggio. Le parole, come chiodi, trapassano la condanna di ogni struggente tragedia, riabilitano la solennità del lirismo poetico, concedono l’immortalità alla testimonianza svanita nella luttuosa, inevitabile caducità della condizione umana.
La suggestione lirica della verità illumina i fermenti di ideali nati da un’avanguardia che non ha mai tradito l’urgente esigenza di rinnovamento e di trasformazione. Marina Cvetaeva ne è l’essenza generosa, succube e ribelle, ogni qualvolta l’impronta della sua anima irrequieta amplifica la voce e concede il beneficio della permanenza nella scrittura purissima, esplosa dalla dottrina vitale della dedizione, sempre ridestata, alla bellezza.
L’eredità poetica di “La principessa guerriera” rinnova la luce ermeneutica delle passioni e la coerenza sentimentale quando la partecipazione all’arte confronta l’atmosfera fuori dal tempo, consuma gli eventi e supera il condizionamento di ogni conflitto.

Una selezione di poesie tratte dal libro:

Non mi piace la mela rossa,
nemmeno le labbra di donna,
l’azzurra versta mi trasporta
lontano, nella nebbia rossa.
Che reggente sarei per voi,
e che eroe valoroso sarei?
Io, musicastro petto-stretto,
io di nulla m’intendo!
Che fante sarei, che cavaliere,
se neanche una donna mi sprona?».
Guarda melanconico nelle tenebre,
appoggiandosi al gomito.


«Che fiamma è quella che solca le steppe del mare?».
– È la ragazza che va incontro alla sua felicità.

«Chi è che così bene guida il vascello-timone?».
– È il mare che spedito lo guida, tracciando la sua rotta!

«Sotto la tenda, quel disco dorato del viso
è di un Angelo, un Demone o un Guerriero?

Sbilenco dal vento – l’elmetto caudato,
di altezza è una torre, formidabili le spalle!

Sta andando a battezzare la bestia di un mercante?»
– Corre dallo sposo promesso, si chiama Vergine-Zar.

«Come?» – È la verità! – «Una donna senza trecce?»


Non è una nuvola fresca
che asperge di pioggia il lino:
è l’amata – che sull’amico
spruzza, schizza l’acqua,
ma lui non si sveglia.
Sul volto suo di cera,
come nugolo d’argento,
come argentee lacrimucce,
per il volto suo di cera,
lungo le gote a rivoli
scorrono luminosi fili.


Giovani e vecchi, non giudicate!
Questa fiamma da un corpo
a un altro deve passare
o rischiamo di andare a fuoco.

Lo zigano ha le stelle,
il tiranno – le guerre,
il nobile – l’onore
noi donne – la passione.

Sangue che ulula come lupo,
Sangue che infuria come drago,
Sangue che un dolce incarnato
da baciare – ci fa desiderare!


«Non dormire, resisti!
Ascolta gli uccelli:
Se cediamo – cadiamo,
Se cedi ora – morirai…

L’azzurro chiaro
dei tuoi occhi
sparirà –
azzurro mare diverrà!


Azzurro mare,
azzurro male,
il mare ti coprirà
e tu sarai
non figlio dello Zar
ma re del mare.
Amen.
Non dormire, scrollati!
Impara dagli uccelli!
Intendi il nostro grido,
intendi il nostro fischio!


Non è il trombettiere che suona l’assalto:
è fischio di pugni!
Non è lo scudiscio che frusta la bufera:
è fischio di rimando!

– Salve, fratello prediletto!
– Salve, fratello!
– In cammino, fratello d’onore!
– In cammino, fratello!

È bastato raccogliere
sul musico un capello
e nel foro del petto – del cuore –ha fatto irruzione il Vento!

A cura di Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”

https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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