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Recensione: “Il volo delle rondini” di Marco Lando | L’Altrove

Un cielo biancheggiante di nuvole nell’aria fresca del mattino, il volo delle rondini che, migranti, fuggono l’inverno per stagioni di caldo, variopinte farfalle che svolazzano sui fiori; e poi il vento, emblema del tempo che fugge rapido e non si ferma mai, la luna argentea che illumina il buio della notte: tutto questo balza dinanzi agli occhi scorrendo le pagine della silloge poetica Il volo delle rondini (Guido Miano Editore, 2020) di Marco Lando.

E ancora, la voce del silenzio, la voce del ricordo, che affiora, dei propri cari che non ci sono più. E, leggendo i suoi componimenti poetici, ci si sente trasportati in un mondo di bellezza, di levità, di letizia. Di dolce nostalgia. Questo è l’effetto che ingenera nel lettore la potenza della poesia di Marco Lando, che, paradossalmente, è fatta di mansuetudine (“la vita è mansueta”), di docilità (“La vita è cara e semplice / come la docile luna”), di speranza, serenità e solarità ( “e splende e corre [la vita] / chiamandoci a sentire l’aria / il mattino il sole…”).

Una poesia dove assistiamo alla fusione di quegli elementi della natura, lievi e aerei come le nuvole, le farfalle, il volo delle rondini, con le pieghe più recondite dell’anima che il poeta associa al colore bianco; l’anima è bianca, espressione di purezza. Tutto concorre qui a infondere, speranza, fiducia: “…piove primavera come un sole / già nato all’alba dell’inverno”, e altrove: “Sorge il sole e questo mi fa felice”. Traspare dai versi serenità, felicità. E libertà. Il volo delle rondini già la esprime: “Una rondine… aveva volato / lungo ogni pensiero / dentro la libertà / dell’aria / profonda e pura”.

Ma ora veniamo al nucleo della poesia di Mario Lando in questa sua opera. Soffermiamoci innanzi tutto sulla copertina del libro: il titolo è “Il volo delle rondini” e l’immagine raffigura la maternità, in stretto rapporto, proprio carnale, di madre con bimbo. Ora ci chiediamo: “Qual è il nesso che lega il titolo all’immagine?”, nesso che apparentemente, non sembra esistere. E invece c’è. Osserviamo infatti che spesso Marco Lando si esprime così: “Madre, è stato duro per me … nel tuo trapasso / …ho pensato alla mia fine. / Ma mi sono trovato uomo”; altrove: “Guardate! Ero sconfitto / perduto ed ignaro / ma ora sono un uomo, / la vita mi è a fianco”. Dopo il dolore, ecco che il poeta riscopre di sentirsi uomo. E cos’è questo se non spiccare il volo? Come le rondini, anche lui ha preso il volo. È diventato uomo. Cioè libero. È volato nelle sfere della libertà. “…portandomi nel mondo / ad essere / il cielo e la mia vita.” “…percepisco dentro me / l’universo dove vivo. / Apro l’infinito / ne faccio parte”.

Come la rondine, egli vola nell’infinità del cielo. Allora è proprio a questo punto che affiora la coscienza dell’esistere: “Silenzio immane per capire me stesso…la volontà / quella che scuote l’orizzonte / facendo trovare l’esistenza”.

All’infinito Marco Lando associa il pensiero, che è la prerogativa essenziale dell’uomo. Il pensiero è infinito perché non conosce confini, travalica anche le catene. E col pensiero i ricordi. “Ora è giorno / memoria pensieri / in questo arcobaleno…”. Ancora alla percezione dell’infinito conduce l’amore. “L’amore è una parola / detta per sciogliere i sensi / e capire che siamo infiniti”.

I ricordi sono strettamente legati al tempo; riguardano il passato. Il tempo è un motivo ricorrente nella poesia di Marco Lando. A questo dedica più poesie delle quali la seguente dal titolo La forza del tempo: “…Entrò come un sogno / uscì come un pensiero; / era il tempo / fuggevole e inafferrabile”. E noi uomini “…Viviamo di ricordi e di speranze / aspettiamo…”; altrove: “…la vita scorre / segue il tempo / ha attese e certezze”. E infine conclude con l’approdo ultimo nell’infinito: “…La vita si colora di casa; raggiunge al tramonto / la strada del mare”. Qui sulla terra sappiamo che siamo come pellegrini in viaggio verso l’ultima dimora. Ecco il senso qui molto pregnante della casa. Essa ritorna anche in più parti, ed esprime nel poeta una tenera esigenza, di calore, di intimità, di raccoglimento.

Poesia a tratti intimistica, ma che spazia anche nelle plaghe infinite della libertà e dell’essere.

A cura di Maria Elena Mignosi Picone.

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