Riscoprire i poeti

Poesie scelte di Ghiannis Ritsos | L’Altrove

Ci lasciava trent’anni fa Ghiannis Ritsos.

Insieme a Konstantinos Kavafis, Kostis Palamas, Giorgos Seferis, e Odysseas Elytīs è stato uno dei poeti più importanti della letteratura greca del ventesimo secolo.

Nato a Monemvasia l’1 maggio 1909, Ritsos ebbe un’infanzia segnata da lutti e malattie. Presto perse la madre e il fratello, successivamente il padre e la sorella furono ricoverati in un ospedale psichiatrico. Ghiannis quindi si trasferì ad Atene per studiare, ma dovette rinunciare a questo proposito a causa della scarse condizioni economiche. Trovò però lavoro come dattilografo presso una banca della città.
Purtroppo si ammalò di tubercolosi e rimase tre anni in sanatorio per rimettersi completamente dalla malattia.
Negli anni ’30 si avvicinò alla politica ed entrò nelle file della sinistra. Durante la guerra civile fu varie volte incarcerato e deportato nei “campi di rieducazione”.
Fu autore di moltissime raccolte, circa centocinquanta. In Italia venne tradotto da Nicola Crocetti, suo grande amico, che pubblicò anche le sue raccolte più importanti per la propria casa editrice.

Di seguito una selezione delle sue più belle poesie.

Le poesie che ho vissuto tacendo sul tuo corpo
mi chiederanno la loro voce un giorno, quando te ne andrai.
Ma io non avrò più voce per ridirle, allora. Perché tu eri solita
camminare scalza per le stanze, e poi ti rannicchiavi sul letto,
gomitolo di piume, seta e fiamma selvaggia. Incrociavi le mani
sulle ginocchia, mettendo in mostra provocante
i piedi rosa impolverati. Devi ricordarmi così – dicevi;
ricordarmi così, coi piedi sporchi; coi capelli
che mi coprono gli occhi – perché così ti vedo più profondamente. Dunque,
come potrò più avere voce. La Poesia non ha mai camminato così
sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso.


Mio blu — dicevi —
mio blu.
Lo sono.
E anche più del cielo.
Ovunque tu sia
io ti circondo.


La mia lingua nella tua bocca,
la tua lingua nella mia bocca –
una foresta oscura;
i tagliaboschi scomparvero
così gli uccelli.

Da Erotica (Crocetti Editore, 1981)


Dopo tanti bombardamenti a tappeto
rimase intatto soltanto un muro della grande chiesa
con l’alta finestra; intatta anche
la bella vetrata della finestra
con colori viola, arancioni, azzurri, rossi
e raffigurazioni di fiori, uccelli e santi.
Perciò confido ancora nella poesia.


All’ospedale

Pomeriggio tranquillo. Una ciminiera, i tetti, la linea del
colle,
una nube minuscola. Con quanto amore
guardi dalla finestra aperta il cielo
come se gli dicessi addio. E anch’esso ti guarda. Davvero,
che cos’hai preso? che cos’hai donato? Non hai tempo di
calcolare.
La tua prima parola e l’ultima
l’hanno detta l’amore e la rivoluzione.
Tutto il tuo silenzio l’ha detto la poesia. Come si spetalano
in fretta
le rose. Perciò partirai anche tu
in compagnia della piccola orsa ritta
che tiene una grande rosa di plastica tra le zampe anteriori.

Da Molto tardi nella notte (Crocetti Editore, 2020)

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