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Recensione: “Le stagioni del cuore” di Rosa Maria Di Salvatore | L’Altrove

La raccolta poetica Le stagioni del cuore, di Rosa Maria Di Salvatore, inserita nella collana Analisi Poetica Sovranazionale del terzo millennio, di Guido Miano Editore, è connotata da un particolare e intenso sentire poetico e da una universalità di messaggi che pone l’autrice in una dimensione sovranazionale. La raccolta, pertanto, si inserisce perfettamente nel contesto della Collana editoriale che la ospita.

L’autrice, per alcuni temi affrontati, per la sensibilità e l’uso del linguaggio, per la poetica che la caratterizza, è stata opportunamente accostata a grandi poeti europei: Federico García Lorca, Alfred Tennyson, William Butler Yeats, rispetto ai quali – è stato scritto – sembra presentare richiami, affinità, comunanza di sentire e pathos poetico.
Nel complesso, si può ben dire che la raccolta e il poetare della Di Salvatore – i cui versi hanno il merito di “accogliere in sé lo stupore del mondo” – si rifanno ai fondamenti della vera e autentica poesia, i quali hanno nel richiamo interiore ai sentimenti e alla spiritualità il loro fulcro.
La raccolta è opportunamente suddivisa in tre parti – che rappresentano le tre tematiche principali: “Musica e Natura”, “Incanto della Memoria” e “Amore” –, in ciascuna delle quali è possibile rintracciare affinità con i tre autori sopra citati, dei quali i versi della Di Salvatore ne svelano echi e influenze.
È giusto riconoscere, tuttavia, che la poetica della Di Salvatore ha uno stile personale tutto proprio, riconoscibile in tutte le sue liriche: la suddivisione in tre sezioni ha il solo scopo di far comprendere meglio l’affinità con alcune caratteristiche degli autori considerati.
L’Autrice connota i suoi versi di una piacevole tessitura poetica, caratterizzata da fluidità e musicalità, di suoni melodiosi, di colori prorompenti e profumi soavi. Una vera e propria musica, e non solo la musicalità, sembra accompagnare tutte le sue liriche: una musica soave si sente dappertutto, la natura è un grande maestro che con la sua bellezza e suoi suoni è in grado di suscitare emozioni e produrre insegnamenti.
La Di Salvatore usa nelle sue composizioni un linguaggio ricco di sinestesie: colori, suoni, brividi, evocazioni, similitudini, nomi che provengono dal mondo della natura; uso di aggettivi di varie tonalità, che si trasformano in note. Il verso alterna movimenti deboli e forti che suscitano emozioni nel lettore e soprattutto nell’ascoltatore: si, perché le poesie della Di Salvatore si prestano anche, se non soprattutto, all’ascolto. Queste caratteristiche, i versi armoniosi, ricchi musicalità e di pathos – presenti nella poetica di Federico García Lorca -, riecheggiano nel poetare della Di Salvatore. Il poeta spagnolo, affascinato dalla musica del suo paese, trasferisce nelle sue liriche tutta la ricchezza del patrimonio spirituale racchiuso nella canzone popolare iberica “con las palabras se dicen cosas humanas, con la musica se expresa eso que nadie conoce ni lo puede definir” e rende i suoi versi di una musicalità straordinaria.
Attraverso la memoria l’Autrice si mette in ascolto della sua anima, del suo sentire più recondito e profondo, da cui emergono sentimenti e nostalgie dell’infanzia e della giovinezza, stagioni passate della propria vita viste come più belle e felici. La memoria, i ricordi, il passato, il ruolo che essi hanno nell’atto creativo della poesia, fanno accostare l’autrice ad Alfred Tennyson, grande poeta romantico la cui padronanza della tecnica e le languide immagini lo hanno fatto assurgere alle vette dello spirito elegiaco: egli conobbe la fama soprattutto grazie a un poema dedicato ad un amico scomparso. Il tema del luogo natio – presente nell’Autrice – con il suo silenzio e i ricordi che ne evoca, si svela nella nebbia della memoria, rendendo i versi particolarmente piacevoli e ricchi di pathos poetico.
Per la delicatezza delle liriche dedicate all’amore la Di Salvatore viene paragonata a William Butler Yeats. Un amore che si connota soprattutto come tenerezza, ritenuta da molti forma più alta di amore. Non a caso, forse, Papa Francesco ha dedicato alla tenerezza diversi interventi e anche un convegno, “La teologia della tenerezza”: egli ci insegna che “quando l’uomo si sente veramente amato, si sente portato anche ad amare… se Dio è infinita tenerezza, anche l’uomo, creato a sua immagine, è capace di tenerezza”. La tenerezza è il primo passo per superare il ripiegamento su sé stessi, per uscire dall’egocentrismo. La tenerezza di Dio ci porta a capire che l’amore è il senso della vita. La tenerezza amplifica l’amore della persona amata.
Il tema dell’amore, nelle liriche dell’Autrice, sembra racchiudere in sé ogni altra sensazione o emozione: i suoi versi trasfigurano l’amore in vera poesia, producendo ricche metafore ed evocative immagini di grande dolcezza e delicatezza.
La poesia della di Salvatore è pregna di lirismo: un lirismo che muovendosi dall’io personale si proietta in una dimensione più oggettiva ed universale. L’Autrice ricalca i sentieri del romanticismo inglese e con i suoi versi ci trasporta in un mondo di ricordi, di echi, di riverberi lontani, non offuscati dalla lontananza: non sono ricordi sbiaditi, ma vibranti, ricchi di vita e bellezza, una poesia introspettiva e meditativa che nasce dal ricordo del proprio vissuto e dalla riflessione su di esso, e attraverso il potere dell’immaginazione diventa verso e si trasfigura in poesia.
Nelle liriche della Di Salvatore traspare un’interiorità-soggettività che sembra essere sospesa nel tempo e nello spazio; un’interiorità che vive riportando da un’età passata suoni e colori, profumi e luce, dove il ricordo è un altrove che produce nuove emozioni, nuova linfa vitale.
Le parole e i versi suonano e risuonano, con scorrevole, evocativa e musicale tessitura, all’interno di una dimensione sentimentale in cui la tensione nostalgica vibra in maniera forte e precisa. Una sinfonia di immagini, suoni, colori che produce la diffusione di piacevoli e suggestivi echi – l’eco dei ricordi, l’eco del passato, l’eco d’amore, l’eco della natura, l’eco della musica – che diventano feconde e creative suggestioni, stupende immagini di grande potenza evocativa.

Recensione a cura di Marcella Mellea

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