Estratti ed Inediti

Estratto da “Sistemi” di Dimitri Milleri | L’Altrove

Quando si abita il panico, lo sgomento,
nulla può essere pensato né agito:
la salvazione o l’abisso calano
inattesi come il bus invisibile
che traghetta a casa.

Nulla può essere pensato né agito:
suona la campana sugli arti mozzi
delle siepi, sul vento gelido,
sul compost svuotato, ci arresta
sui tris tracciati col gesso:
le cicatrici della pietra.

E quando ti chiedono — l’occhio vuoto,
le labbra secche,
la palpebra sfogliata —
che cosa hai mai, lo sai:
sai che non vogliono davvero,
che un crimine sarebbe dire.

Quando si abita il panico, lo sgomento,
non si comprende il pianto dei parenti
sul trapassato,
come il dolore dentro un inciso.

Death shall have no dominion.


La sala d’aspetto
era un luogo di mimesi involontaria.
Era un silenzio privo di telefoni,
composto di frammenti: gesti usuali
in miniatura, archetipi di sedie
gerani immobili.
Nulla giungeva allo stato solido, violenta
era la forza di gravità in ogni volto,
irrefrenabile
la volontà di divinarla.

Quando non ci fu più distanza
fra esterno e interno
tutto si fece angusto, angusto e scomodo:
leggings a pois, riviste e prescrizioni
volevano restare corpi estranei.

Qualcuno poi spaccò la confluenza
con mosse improvvisate, gentilezze
dovute.

Bisognava essere buoni.


Sempre ho lodata la tua cattiveria
come un’idea di giustizia, un’idillio serio
un’antiadolescenza, una domanda.
Il tuo talento
per sminuire gli uomini e te stessa
che ti fa arcigna e stupida come
me, ma più bella.


Ne siamo usciti male solo questo
vorrebbero scambiarsi e non lo fanno.
Lo sanno e non lo dicono il fantasma
di aver potuto essere, cambiare:
sanno che passa, raramente appare
come un Saturno, un astro innominato.

In ogni modo l’hanno preservato
dai moti centrifughi della lingua
posticipando morti, collisioni
già consumate altrove, mentre sotto
come una velatura, mollemente
nidificava il parassita, l’evidenza

che alcune volte non puoi fare niente.


Sembrare immacolato era la sola tua ossessione:
un sistematico celare che in eterno
dovevi rinnovare e deperiva.

Gli utensili severi della cella frigorifera
si offrirono più volte di sottrarti
una sezione di falange — mai di più,
come in un tradimento controllato.

Sapevi del corpo, come un diamante,
giocato tutto sulla sottrazione,
ma almeno trova il modo di scordarti
se non di perdonarti, di scordarti
l’amputazione.


Corrispondenze? Certo, come ieri:
dall’aula quattro si sentiva esatta
l’intonazione in limonaia del fagotto
con l’eco di una sega circolare.
Però la nostra è una vita che approssima
nel più dei giorni
come i rastrellamenti.
E quando accade, quando
l’aspettativa prende posto nel reale,
è sempre un terzo, vedi, a rivelarlo,
restando escluso dal miracolo non meno
di chi lo vive senza nominarlo.

L’AUTORE

Dimitri Milleri nasce a Bibbiena nel 1995 e attualmente frequenta il biennio di chitarra presso il conservatorio A. Pedrollo di Vicenza. Esordisce nel 2017 con Frammenti Fragili (Rocco Carabba Edizioni). Suoi testi sono presenti nelle antologie Poeti nati negli anni ’80 e ’90, curata da Giulia Martini (Interno Poesia, 2019) e Abitare la parola (Ladolfi, 2019), e in vari lit-blog e siti online, tra cui Perigeion, Succedeoggi, Interno Poesia. Sue traduzioni da Ocean Vuong sono apparse sul sito di Nuovi Argomenti. Vincitore della XVI edizione del premio A.V. Reali (sez. giovani), è risultato fra i segnalati al premio Montano con Sistemi. Come librettista ha collaborato con i compositori Andrea Gerratana e Riccardo Perugini

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