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Recensione: “Menomale che non siamo nati lui”, Zabaglio-Coffami | L’Altrove

Menomale che non siamo nati lui è una silloge notevole per chi si accosta a leggerla seriamente.
Notevole perché contiene un’ironia che va capita, smantellata, che esiste con lo scopo di scuotere il lettore e portarlo a riflettere sulle cose più basilari e semplici.
Lo scopo di alcuni componimenti più crudi, realistici è portare la realtà nelle case, nelle strade, nelle officine, nelle menti ovattate e porta un messaggio chiaro: è tempo di risvegliarsi dal profondo letargo, è tempo di ridefinire ciò che è stato definito.

Questa silloge è un susseguirsi di giochi di parole, accostamenti seri e meno seri, un viaggio linguistico nei meandri del pensiero che non esclude l’ironia.
Nella poesia “allusioni in attico” troviamo un invito ad osservare la condizione umana, politica ed esistenziale degli anni duemila: “Sarebbe giocoso il tutto se oltre al lutto ci fosse/ contatto di tatto,/ se le stelle non si contassero nelle dita di una mano/ con la scusa panciale che ci siamo persi e ricominciamo. /Ma non siamo pappa e lardo per maiali,/ non siamo maiali (per sfortuna)/ siamo classi di ferro e/ se seminiamo preferiamo la rete all’amo/ che la rete nell’amo. / E intanto votiamo. ”

In “le regole del buon seminato”, un invito ad abbracciare le novità, eliminando i rami secchi, curando i rami nascosti. Ebbene, anche questo è facilmente riscontrabile nella nostra società così timorosa del futuro, così tanto sconfortata e chiusa in se stessa. Bisognerebbe imparare a paragonare la nostra vita a quella di un grosso albero: necessaria e piena di resilienza. In realtà, pensandoci, la natura può insegnarci qualcosa in modo disarmante ed assolutamente semplice, osservarla può condurci ad osservare noi stessi ed imparare a vivere bene.
Leggiamola insieme: “Capitolo due. Tagliare i rami secchi. / Capitolo tre. Curare i rami che non vedevi perché erano/ coperti dai rami secchi che hai appena tagliato. / Capitolo quattro. Riempire dei secchi coi rami secchi/ che hai tagliato al capitolo due./ Capitolo cinque. Pensare al capitolo uno. / Capitolo uno. Annaffiare l’albero”. E’ una poesia semplice ma dritta al cuore delle cose.

In “menomale che non siamo nati lui”, persino il titolo ci fa riflettere, anche se questa è un’opera “grezza”, differente dalle nostre letture abituali, che contiene un linguaggio spesso esagerato, che merita però una rilettura. In ultima analisi e nel complesso è stupefacente ed inaspettato.

Ecco gli ultimi versi per voi:

Probabilmente

Non ho mai detto nulla d’importante
è differente un mulo da un torrente?
Indifferente mente mentre parla di coraggio,
ma è solo un camminare adagio ai limiti di un bosco.
Dichiaro la mia morte cerebrale
ormai in cenere
celebrando un rito medio verso il tizio dell’altare
in cene di commiato.

Dichiaro che ho un diario ancora chiaro
senza frasi da scolpire o da copiare.
Se tanto mi dà tanto mi accontento di un bagaglio
e intanto come detto qui sancisco un triste omaggio:
non ho più sensazioni
sono ferie senza viaggio.

Per acquistare Menomale che non siamo nati lui potete seguire il link: https://www.angelozabaglio.org/

L’AUTORE

Angelo Zabaglio pseudonimo di Andrea Coffami

Andrea Coffami (il cui pseudonimo è Angelo Zabaglio) è uno scrittore e sceneggiatore nato a Latina nel 1979. Ha pubblicato numerosi testi tra cui ricordiamo: L’interpretazione dei sogni di Freud Astaire (Gorilla Sapiens Edizioni), Ne prendo atto (Bel-ami Edizioni), Serio faceto (Edizioni Ensemble), Sovvertire il cinema (18:30 edizioni), Lavorare Stronca (Tespi), Non tutti i dubbi sono di plastica (Arcipelago edizioni).

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