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Recensione: “Dodici ore” di Mariachiara Rafaiani | L’Altrove

Dodici ore (Edizioni La Gru, 2018) di Mariachiara Rafaiani è un libro che merita un’attenta lettura.

Già il titolo ci riporta alla mente la metà delle ore del giorno e non è un caso. C’è nella poesia della Rafaiani una quasi incompletezza, non tanto nei versi o nella metrica, quanto nel ciò che viene espresso, nei sentimenti, nei temi dominanti, l’amore fra tutti.

È come se Mariachiara di colpo tacesse o lasciasse incompiuti e parziali certi momenti.

Salivi la salita ripida
un’enorme margherita rossa per me
Non è una margherita
hai detto
Non ti chiesi nomi che non amo
c’era tempo di osservare
c’era erba e quasi tramonto
Mi spaventi
volevo dirti, solo questo
Invece abbiamo parlato d’altro,
di storia medievale
e abbiamo taciuto, come sempre,
le infinità del nostro cuore


La comprensione è una scelta e una dote
un dolore se non sai che giro
nei quartieri arabi di Granada
nell’altopiano dei sogni, mi prendi il polso
prendimi il polso, sentimi il polso, mi senti?
La comprensione è compenetrazione totale
è il silenzio che non trovi a Granada…

siamo utopici riflessi negli autobus pieni
di una città a scelta
ed i fedeli compagni dei nostri amanti
i figli diligenti dei nostri genitori
ti ho chiesto un caffè
possiamo anche fingere di non essere bravi a spogliarci

è che essere qualcosa di definitivo
comporta un omicidio

Ma ad una manchevolezza corrisponde una compiutezza data dal numero nel titolo, ma sopratutto dalla parola.

Se, in certi casi, il momento si interrompe, la felicità sembra si spezzi, la parola della poetessa dà al lettore modo di vivere nell’infinitezza del tempo e nell’inconsapevolezza di luoghi e di volti.

Sono ancora qui, faccio le solite cose
confondo l’oceano pacifico con il silenzio

Ti lascio le mie scorribande notturne
è come se non potessi non cedere a questa sciocchezza
di innamorarmi ogni volta di te
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro

Bianche sono le mie spiagge oggi
bianche le rive, pioviggina
Resteremo in silenzio a lungo
come golem pietrificati da un arcano incantesimo
o capitelli barocchi di una cattedrale
Infine saprai che sei endemico della mia pelle
sarà come librarsi senza direzione
sulle albe, sui crepuscoli, sulle angosce,
sulle grida, sugli spasmi
Non dovremo neppure vederci

Ti renderò cieco e muto
sarà così l’eternità
durerà esattamente dodici ore


M’accarezza l’afa e stanca
i sorrisi ed il trepidare
Non sappiamo nulla degli altri.


Là dove tutto gira intorno
all’ultimo allarme dell’orizzonte..

è così, siamo qui per il secondo anno
là dove non ti volevo, qui dove ti voglio
siamo qui ed io non ne so niente
di questo posto

Accadono i soliti lunghi pranzi e s’annaspa
nei soliti assuefatti discorsi
e quando ci pesiamo sulla sedia
stiamo zitti e ci sorridiamo da spazio

a spazio

come se lo spazio non ci fosse
è una giornata di sole
questa è una lunga primavera d’ottobre
regalata ai miei vent’anni
ai loro trenta, quaranta, cinquant’anni
Il tentativo di una giornata felice

L’esordio poetico di Mariachiara Rafaiani non poteva essere migliore. Di questa poesia intensa ne cogliamo tutte le sfumature. Dodici ore piene di fragilità e risolutezza, il pieno dell’età della Rafaiani.

L’AUTRICE

Mariachiara Rafaiani

Mariachiara Rafaiani è nata a Recanati nel 1994. Ha vinto diversi premi di poesia, fra i quali InediTO Torino e Premio Poesia Marche. Suoi contributi sono apparsi in blog e riviste online, come SulRomanzo, L’indiscreto e MidnightMagazine. Nell’aprile 2018 è uscita la sua prima raccolta poetica Dodici Ore (Edizioni la Gru). Vive e studia a Milano.

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