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Poesia come cura: uno sguardo in Italia e in Gran Bretagna

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Vi hanno mai prescritto il poetcetamolo? No? No, non stiamo parlando di paracetamolo e nemmeno di farmaci, soprattutto, non stiamo nemmeno parlando di malesseri fisici. Per quello esiste molto spesso una cura farmacologica, ma come si fa a curare un malessere interiore? E come si guarisce dalla solitudine, da un lutto, da una mancata percezione delle cose semplici? Esiste la psicologia, la psicoterapia, ma esiste anche la potenza dei versi e delle parole. “Le parole sono pietre”, scriveva Carlo Levi nel 1955. Ma possono essere anche straordinariamente potenti e curative. In particolar modo i versi contengono temi variegati e vicini alla vita, raccontano le paure così simili alle nostre, infondono coraggio, prospettano soluzioni. Può, quindi, una poesia essere una medicina per i malesseri interiori? Deborah Alma sostiene la sua fattibilità. Il suo progetto si svolge all’interno di un’ambulanza del 1970 dotata di barella. Secondo lei esiste un verso per ogni situazione, tant’è che la sua “ricetta medica” é una poesia.

Formulo domande in grado di evocare zone belle e tranquille della mente. Citando il poeta irlandese Yeats, per esempio, chiedo di descrivermi la stanza ideale per quando saranno “vecchi, grigi, sonnolenti, col capo tentennante accanto al fuoco”, entrando in empatia con loro e offrendo così un canale per sognare e aprirsi senza inibizioni. In questo confronto faccio una sorta di radiografia di chi ho davanti a me: chi è, cosa pensa, quali sono le sue abitudini, cosa lo rende felice e infelice, quanto è abituato a rilassarsi o a prendersi cura di sé. Poi, una volta individuati i sintomi, cerco la poesia più adatta tra le oltre 300 che conservo nel mio archivio – ha spiegato a La Stampa – Ovviamente non sono un dottore. Mi sento una sorta di indovina: ascolto, capto, colgo le sfumature e con leggerezza oriento gli umori. E ogni incontro è una storia a sé: ricordo di una signora molto chiusa, titubante, quasi sospettosa, che al termine della seduta mi ha chiesto disperatamente qualcosa sull’amicizia. Poche ore prima aveva perso la sua migliore amica. Allora le ho consigliato “Friendship” di Elizabeth Jennings, che parla proprio dei legami che non finiscono mai. E, ancora una volta, sono rimasta sbalordita nell’osservare quanto una poesia, solo una singola poesia, possa fare la differenza.”

Attualmente il progetto Emergency Poet é presente solo nelle strade del Regno Unito, mentre in Italia comincia a muoversi la psicopoetry e la poetry therapy. Che sia una nuova era di rivalutazione della poesia? Chissà come reagirebbero gli italiani alla vista di Emergency Poet tra le strade, sarebbero davvero pronti?  A nostro avviso é ancora troppo presto. Abbiamo, tuttavia, selezionato un campione di 20 soggetti. Soltanto di essi 3 si sono mostrati disponibili a partecipare all’iniziativa inglese. E voi?

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